Catalogo dei MILLENNIAL: I fratelli Marco e Gabriele Bianchi. La tua enciclopedia dei millennial
Chi sono i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, i millennial picchiatori che hanno ucciso Willy Montero Duarte a Colleferro
NOME Marco e Gabriele Bianchi
DATA NASCITA 1994 e 1996
SETTORE Crimine
NAZIONALITÀ Italiana
MILLENNIAL FACTOR Narcisisti
Chi sono
Le loro bacheche di sconosciuti tamarri di provincia su Facebook sono diventate in poche ore il muro del pianto di migliaia di altrettanti sconosciuti, inferociti per l’atroce assassinio. I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, arrestati per il concorso in omicidio preterintenzionale del povero 21enne Willy Monteiro Duarte, sono già stati condannati dall’opinione pubblica e per questa cosa non c’è marcia indietro.
Una condanna giustificata, e non c’è dubbio, dalle parole dei due che durante gli interrogatori avrebbero ammesso che non volevano uccidere. Frasi con le quali di fatto hanno ‘confessato’ la loro partecipazione al pestaggio brutale e insensato che è costato la vita al giovane di origini capoverdiane, a Colleferro. Nel cuore della provincia laziale, tra Roma, Frosinone e Latina.
Un omicidio che resterà iscritto per decenni nelle memorie di queste terre di mezzo. Si ripenserà a quel fattaccio di fine estate 2020, l’anno del coronavirus. Rimarrà il ricordo di quel ragazzino di Lariano che sognava di fare il cuoco, giocava a calcio e tifava la Roma. Quello solare. Quello che si è trovato nel posto sbagliato solo per sedare un rissa, per calmare le acque e salvare un amico. Non per eroismo ma per solidarietà.
Non saranno dimenticati nemmeno i fratelli Bianchi. Tatuatissimi. Pieni di muscoli. Incazzati. Appassionati di MMA (Mixed Martial Arts). Delle scorribande in moto con gli amici. Che quella stessa sera di inizio settembre hanno esagerato. Troppo sangue alle fibre rosse dei pettorali e dei bicipiti e poco al cervello. Forse la droga. E con altri due energumeni – Mario Pincarelli, di 22 anni, e Francesco Belleggia, di 21 – si sono buttati a capofitto contro il ragazzo africano perché «come si è permesso?» Un affronto che la banda – sì, gli investigatori la definiscono così – non poteva sopportare.
Gabriele e Marco erano noti nella loro Artena. Temuti da molti, apprezzati da alcuni. Sfogliando le loro vetrine sui social non ci sono molti dubbi sul fatto che amassero parecchio loro stessi. Da buoni millennial il loro narcisismo sembra essere tirato a lucido in tutte le occasioni. Nelle foto sempre in posa a favore dell’ipertrofia muscolare, nei video dei combattimenti e degli allenamenti, nelle frasi a effetto per mettere in fila i frutti del loro cervello atrofico.
«Essere maledetto mi benedice», scriveva Gabriele accanto a una foto con la solita postura da spaccone. Orologio gigante d’oro, catena dorata con un mitra come ciondolo e petto nudo come in tantissimi altri scatti regalati a Zuckerberg. Lui che dopo il lockdown era perfino finito sul Tg della Rai per aver aperto un negozio di frutta «senza paura» dopo il coronavirus.
Uno che diceva cose come «quando due fratelli sono uniti sono in grado di trasformare le montagne in oro», per esaltare quel legame fortissimo con Marco. Proprio il più anziano dei due si convinceva di essere una persona valida con frasi come «il successo è cadere nove volte e rialzarsi dieci». O incensava sé stesso dicendo «a me le cose regalate non sono mai piaciute!», mentre mostrava uno dei suoi trofei di MMA.
Per Gabriele Bianchi e Marco Bianchi si è aperta improvvisamente una finestra di notorietà inaspettata. Nel loro intimo di millennial egocentrici, abituati a fare i bulli come all’asilo, in qualche modo ne saranno fieri. Ora, dopo la condanna all’ergastolo del popolo del web, toccherà ai magistrati fare il loro lavoro. Se non sapessero cosa fare, i signori giudici possono prendere nota dalle migliaia di commenti sotto le foto dei fratelli a petto nudo su Facebook. Ci sarà l’imbarazzo della scelta.
Marco e Gabriele Bianchi sui social:
Facebook di Marco Bianchi
Facebook di Gabriele Bianchi
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