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Il bambino di Aleppo, Angelo Iannielli racconta l’indifferenza ai millennial

21 Novembre 2020
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Gli smartphone sparano notifiche su notizie disastrose da tutto il mondo… Le guerre vengono raccontate in ogni dove, ma lui non ha tempo per leggere, non ha tempo per fermarsi a riflettere mentre quei bambini, sparsi in tutto il mondo, soffrono e si spengono a causa della follia umana.

Potente, carico di energia e con una disamina impietosa raccontata nel testo, Il bambino di Aleppo racconta una storia fatta di superficialità e tanto dolore in salsa rock a suon di distorsione e tanto groove. Un singolo di grande impatto sonoro che racconta ciò che è la società di oggi di fronte alle brutture del mondo.

Il motore della canzone è rappresentato da un drumming veramente intenso e carico di energia con una cassa pulsante e un charlie abbastanza dritto che rafforza la cassa stessa. Poi arricchita dal rullante che entra nei ritornelli creando un groove davvero raffinato ancorché importante nella sua esecuzione.

Il basso è essenziale e viene suonato al servizio della canzone sostenendo la linea ritmica in maniera egregia mentre riff di chitarra pulita ruotano letteralmente attorno al pezzo con sfumature tra il rock e il blues davvero gustosi. Spruzzi di fiati e arpeggi di acustica, in sottofondo, tinteggiano i momenti più intensi della canzone regalando colore all’assieme.

Il testo, apparentemente scanzonato, rappresenta un cameo di assoluto valore e ci regala un Angelo in grande spolvero pronto a raccontare, a modo suo, storie anche poco leggere in maniera profonda ed intelligente. Da gustare in cuffia a volumi importanti!

Il bambino di Alepppo, la storia

Una denuncia senza sconti verso ciò che non vogliamo guardare. «In una mia vecchia canzone scrissi che siamo soltanto dei puntini in volo. Anche questo brano – commenta Angelo Iannelli – parla dell’eccessiva importanza che a volte ci diamo. Immersi e persi nelle nostre piccole e insignificanti attività quotidiane, spesso preferiamo non guardare ciò che accade realmente attorno a noi, forse perché non guardare è anche non sapere. E crediamo che sia meglio così».

«Questa riflessione e il fatto di aver vissuto in Siria per diversi mesi tra il 2008 e il 2011, fino a qualche settimana prima dell’inizio della guerra, mi hanno spinto a dedicarmi al Bambino di Aleppo», spiega l’artista.

Brano rock con chitarre distorte e il ritmo incalzante della batteria. Il bambino di Aleppo ha un testo caustico che non esita a mettere in luce i nostri volti che si girano davanti alle lacrime dei bambini che muoiono per le strade della Siria.

Il riff distorto della chitarra è un martello a tempo con la batteria. Ricorda i tasti di una vecchia macchina da scrivere che narra senza pietà le contrapposizioni dei nostri tempi.

Leggi la storia di Angelo

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