“Chiara Ferragni”, il libro che smonta e rimonta il reality show dell’influencer
Non ha bisogno di presentazioni. Né qui in Italia, né in gran parte degli Stati del mondo. Anche se fino a una decina di anni era nota solo a un gruppo sparuto di appassionati di moda.
Chiara Ferragni è oggi una realtà (?) di successo. Piaccia o meno, l’influencer con base a Milano e Los Angeles è diventata una celebrità partendo dal nulla. È riuscita a costruire un impero, mediatico, economico ma anche culturale. A smontare, cercando di comprenderne le cause, e rimontare, commentandone gli effetti, quello che c’è dietro ci ha pensato una filosofa millennial: Lucrezia Ercoli.
Il suo “Chiara Ferragni. Filosofia di una influencer”, pubblicato da Il melangolo e in uscita il 5 novembre, è un’agile analisi – e ricca di citazioni – su quel che succede attorno alla bocconiana partita dal blog The Blond Salad. Ercoli cerca di spogliare la Ferragni dei suoi abiti e dei suoi accessori all’ultimo grido, cogliendone i pregi che hanno contribuito a portarla lì dov’è, e smascherandone le ipocrisie che i social nascondono bene. Un saggio per conoscere l’influencer ma soprattutto per cogliere le dinamiche che ci sono dietro: la professionalità.
Anche i mezzi – quindi Instagram, Facebook e gli altri social – e il flusso continuo di informazioni, finiscono al centro del racconto della filosofa millennial, direttrice artistica del Festival “Popsophia” e docente universitaria. Una che non ha paura di ammettere nel suo saggio che parlare della Ferragni è anche un modo per far parlare di sé.
Ercoli, infatti, come il logo della Chiara Ferragni Collection, rimane zitta e fa l’occhiolino dinanzi alle accuse che Fedez aveva già mosso a un altro filosofo che aveva definito Chiara «uno stand con merce da esposizione». «I vostri editori – le parole del rapper e marito dell’influencer – sono contenti perché quando parlate di Chiara Ferragni qualcuno vi ascolta, mentre quando parlate di misticismi vari e sensi della vita non vi caga nessuno!».
«Chiara Ferragni – ha detto l’autrice – rappresenta molto di più di un progetto di marketing vincente. Chiara Ferragni incarna un romanzo di formazione per nuove generazioni, immerso fino al collo nella cultura di massa e nel sistema dei consumi. Dove la crescita personale va di pari passo con la crescita del fatturato e, viceversa, il successo economico si sposa con la felice realizzazione di sé».
In un passaggio del suo saggio Ercoli cita Umberto Eco e paragona la Ferragni dei social al Mike Bongiorno della neonata televisione italiana. Il mito di Mike, scrive Eco, è quello di un everyman, un uomo assolutamente medio, senza nessuna qualità eccezionale, che parla un italiano elementare e commette infinite gaffe. Ma il successo del presentatore più famoso di Rai e Mediaset è racchiuso proprio in queste sue caratteristiche, tipiche del divismo televisivo: essere “un esempio vivente e trionfante del valore della mediocrità”. La sua fama straordinaria non sembra giustificata da un talento fuori norma, da una bellezza iconica, da un’intelligenza superiore. Tutto è all’interno dei codici dell’ordinario. Ecco la forza del messaggio: l’everywoman.
Ma se da un lato tutto sembra normale e naturale, in realtà si tratta di un grande e perenne spettacolo. Come il Grande Fratello. Meglio, come The Truman Show. Tutto deve diventare instagrammabile. La Ferragni – e la sua famiglia The Ferragnez – ha traslato il suo diario privato a diario pubblico. Le foto professionali dell’influencer devono mimare le foto amatoriali. Chiara Ferragni è, allo stesso tempo, la protagonista e la creatrice del reality in cui vive. Tuttavia, come spiega bene il saggio, la narrazione filtrata dai social non è mai asettica. Raccontarsi vuole dire scegliere il punto di vista da cui farsi guardare. Tutto il resto merita l’oblio.
Ma non c’è nulla di male. Al contrario, Chiara ha inventato qualcosa di nuovo e lo sta cavalcando. La Ferragni è un fenomeno che produce attrazione e repulsione. Il fenomeno Ferragni dice molto dei follower millennial che la seguono e idolatrano. Ma anche di chi con tanta foga ribadisce quotidianamente il suo odio e disprezzo nei confronti della giovane regina dei social, magari commentando con insulti irripetibili il suo ultimo post. Non sapendo, inoltre, che commentare e condividere un fenomeno con l’idea di arginarlo sortisce l’effetto contrario. È l’algoritmo, bellezza! Non possiamo fare “la Storia”, ma possiamo fare “una storia”.
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