fbpx

In Homecoming capiamo perché Beyoncé è la Freddie Mercury millennial

27 Aprile 2019
3598 Visualizzazioni

Mi sono guardata due ore e mezza del nuovo documentario su Beyoncé, Homecoming uscito ad aprile su Netflix. Il film racconta il monumentale show della Queen B durante il Coachella 2018, poi rinominato Beychella. Per tutto il tempo, più che un concerto, sembrava di guardare una di quelle esibizioni del Guinness World Record dove le persone trascinano camion da 15 tonnellate coi denti o spaccano 50 angurie con la testa.

Beyoncé è mastodontica, ha dentro di sé qualcosa di diverso da tutti gli altri esseri umani: trasuda potere, fascino, talento, determinazione. Tipo l’ Übermensch di Nietzsche, l’ultimo stadio dell’evoluzione dell’uomo. Nel 2018 è stata la prima headliner donna afroamericana a salire sul palco del Coachella, per questo motivo ha deciso di tirar su uno spettacolo che tutti avrebbero ricordato, superando se stessa. Tutto questo poco dopo un parto gemellare.

Erano più di 180.000 le persone ammassate sotto il palco, si spingevano schiacciandosi l’una con l’altra per sentire la presenza della loro icona, fino a quando Beyoncé è apparsa sul palco con un vestito da divinità egizia, splendida, fiera, pronta a dimenarsi come una pazza schizofrenica per due ore e mezza di live.

Homecoming di Beyoncé è la massima celebrazione dell’impegno e della forza di questa donna di 37 anni, artista e icona globale, che per molti oggi, è alla stregua di una divinità. Lo spettacolo, interamente creato e immaginato da Beyoncé, è scandito attraverso diversi momenti che celebrano l’orgoglio della black culture, mostrandoci la potenza artistica della comunità afroamericana.

Uno spettacolo epocale

Insieme a lei, sul palco, più di 200 artisti afroamericani si alternano con diverse esibizioni: da chi suona la tromba, ai contorsionisti, fino ai ballerini hip hop tutti riuniti sotto lo stendardo della Queen B. In Homecoming, documentario su Beyoncéha portato sul palco tutto il suo immaginario artistico, personale e sociale: un’intera banda musicale rende tributo alle HBCU, i college afroamericani durante la segregazioni razziali, mentre Beyoncé balla, scuote i capelli, si butta a terra. Ah, sì, canta pure.

Onora i pensatori della cultura afroamericana, inserendo in Homecoming le citazioni che l’hanno ispirata durante la carriera e nella realizzazione dello show… subito dopo sale su una scala sopraelevata che la muove sopra tutto il pubblico del Coachella, anche lì, come se fosse tutto normale twerka e canta, superando la paura della morte stessa. “Riesco a vedervi tutti da quassù, vi amo” dice come una dea che osserva i suoi fedeli dall’alto.

Ogni minuto stupisce sempre di più: non spacca 50 angurie con la testa ma si cimenta in acuti canori difficilissimi, sfila mentre il fuoco esce da dietro le sue spalle. Un tizio fa piroette, l’altro suona il trombone, un ultimo salta. Sul palco ogni cosa si muove in modo strabiliante, tanto che non sai più cosa guardare perché tutto è bellissimo, unico e mai vista prima d’ora. Salgono persino le Destiny Child riunite per un’ultima volta sul palco del Beychella insieme alla loro leader, eroine delle femministe afroamericane.

Uno spettacolo in cui c’era tutto: orgoglio nero, femminismo, fuochi d’artificio e un’altissima performance di una delle migliori artiste viventi. La prossima volta per stupirci ancora di più le toccherà partorire altri gemelli mentre canta Who Run the World su un palcoscenico volante, perché è questo che ormai ci aspettiamo da Beyoncé.

Eppure una cosa è mancata: la semplicità della musica, di una voce che canta e di un gruppo che suona. La stessa forza ed energia sonora che ha reso il concerto di Wembley dei Queen il migliore nella storia della musica. Un palco spoglio animato dalla grandissima anima e personalità di Freddy Mercury. Anche Beyoncé ha l’anima di Freddie Mercury e Homecoming poteva benissimo essere Wembley, se non superarlo, ma questo non potrà mai accadere finché ci si concentra troppo su balletti e effetti speciali che regalano un’ eccitazione momentanea e non un ricordo indelebile.

LEGGI ANCHE:

Nel testo C’est la vie di Achille Lauro c’è cuore o soltanto una certa voglia di piacere?

Chi è Mahmood, il cantautore moroccan pop vincitore di Sanremo

Come funziona tik tok

Lo scopo della trap è bruciarci il cervello