Sulfureo e iconoclasta, Davide Colombo spiega con una certa rassegnazione perché al Salone del Mobile la cultura della «edibilizia» fa trionfare gli chef sugli architetti. Come da pronostico
Davide Colombo è uno dei fondatori de Il deboscio, uno dei progetti più significativi di antropologia urbana degli anni Zero. Spaziando dalle storie di nuovi poveri molto cool alle influenze sullo streetwear delle banlieu milanesi (sublime il servizio di moda Sartorialist via Padova) Il deboscio ha per anni indagato tra le immagini per le masse e le parole delle masse, azzeccando con precisione millimetrica il profilo della società milanese in evoluzione (o involuzione).
(Davide Colombo in una rara foto d’epoca, intervistato, pare, da Yoko Ono)
Sulfureo, caustico, iconoclasta, lo spirito de Il deboscio si è incarnato di volta in volta in uno streetwear sfrontato che ha ripercorso l’esordio maturo dei primi millennial con i suoi fattori nostalgici (le magliette di Attila Flagello di Dio), psicopatologici (il Lexotan eletto a icona di una generazione), economico-religiosi (le t-shirt con il Verbo del fatturare), le aspirazioni povere ai grandi brand e soprattutto le infinite omologazioni consumistico-culturali a cui è stata sottoposta tutta la generazione Y. Dopo aver pubblicato con successo Parole Povere, breviario della banalità moderna (2004, Mondadori) e Frangetta e altri profili poveri (2007, Baldini & Castoldi con annessa traccia di Milano is burning) il deboscio e il suo genio Colombo hanno in parte cancellato i loro segni sul web, forse proprio per sfuggire all’omologazione naturale che ne sarebbe derivata e giusto in tempo per evitare una perniciosa fascinazione sulla gioventù radical chic meneghina che peraltro era oggetto di molti sfottò debosciati.
(le famose infografiche de Il deboscio)
Pare che il collettivo de il deboscio abbia a lungo smadonnato dietro a coloro che, con spirito decisamente meno ricercato e più di bocca buona hanno poi cavalcato le loro idee e la loro sardonica critica sociale milanese facendo magliette, mug, panettoni e, in poche parole, soldi.
(Il libro del 2007 Frangetta e altri profili poveri edito da Baldini e Castoldi)
Colombo, a 11 anni da Frangetta chi ritroviamo in giro per il Salone del Mobile?
Guardi non saprei, io compro tutto su Internet.
Il salone del mobile è una sagra moderna?
Tecnicamente i tipi umani del Salone del Mobile sono figli di quelli che facevano le sagre.
Qual è l’area milanese gentrificata in cui bisogna essere durante il Salone?
Non esistono aree milanesi gentrificate
Chi è il vero personaggio del Salone del mobile 2018?
Maurizio Stocchetto del Bar Basso, come tutti gli anni.
Ci dia un hashtag per criticare il salone del mobile…
#finiràtuttonellaspazzatura
Che design fanno i cuochi?
L’edibilizia.
Analisi lombrosiana di Cracco + Cattelan + Alessandro Michele…
Mass marketer.
Analisi organolettica dell’hamburger gentrificato
Si dice “svizzera”.
Food truck e articolo 18, quali prospettive?
Le stesse prospettive della patente C.
Farsi notare in zona Tortona, tips and tricks…
Quest’anno non c’è niente in Tortona. Non è una battuta.
Il Fuorisalone tra passato e futuro.
Una volta mettere in affitto la casa per il Salone era complicatissimo, adesso c’è Airbnb.
I giovani impiegati del design… Perché?
Perché tutti quegli occhiali buffi a chi li vendono altrimenti?
Lo street style da Salone è…
La borsa Esselunga in PP laminato. il telo mare Aiazzone il cappellino di Gullit la sveglia di Dieter Rams al collo lo zainetto di Reply il Telesalvalavita Beghelli.
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