L’estate sta finendo dei tamarrissimi Righeira vinse il Festivalbar nell’ormai lontano 1985, anno in cui i Millennial al massimo nascevano o poppavano. Eppure, ancora oggi, racchiude una triste verità di cui cominciano a essere consapevoli anche ventenni e trentenni.
L’estate sta finendo e un anno se ne va
Sto diventando grande lo sai che non mi va
In spaggia di ombrelloni non ce ne sono più
È il solito rituale, ma ora manchi tu
Se il filosofo diceva panta rei, i cotonati Righeira dicevano, appunto: sto diventando grande lo sai che non mi va. Il significato, in fondo, è lo stesso. Quella sensazione profonda e inesorabile che ci dice che le cose non tornano più, che non saranno mai più come prima, che la giovinezza, la bellezza, la vita, l’amore li perdiamo giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, raggio di sole dopo raggio di sole. Se ci fermiamo a riflettere su quante poche sono le estati, le belle stagioni, che ciascuno di noi ha a disposizione nell’arco della propria esistenza non possiamo non essere investiti da un’angoscia cosmica. Diciamocelo chiaramente, millennial: diventare grandi è una schifezza.
“E’ tempo che i gabbiani arrivino in città”. Cioè, prima se ne stavano liberamente a scagazzare e copulare sul mare sconfinato, poi devono volare a procacciarsi il cibo in discariche e periferie. Questo vuol dire diventare grandi: scendere a patti con le responsabilità, vedere restringersi l’orizzonte di possibilità, farsi andare bene quello che una vita adulta può offrire (cioè bollette, capi, frustrazioni, divorzi, malattie), e poi la vecchiaia e la morte. I gabbiani continuano a volare e starnazzare, ma quelli che sembravano versi di libertà sullo sfondo di scogli e di onde bianche e blu, ora nel cemento ricordano più che altro versi di disperazione.
Poche cose danno lo stesso senso di nostalgia degli stabilimenti balneari in fase di smobilitazione. Gli ultimi lettini chiusi e insabbiati, i primi temporali, coppie che si ostinano a passeggiare sulla battigia rabbrividendo sotto anacronistici parei. Finché in spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più e “una fotografia è tutto quel che ho”. E’ vero, si dice che la saggezza compensi l’attenuarsi dell’energia, che l’affetto compensi l’attenuarsi della passione, che poi si vivrà non più per se stessi ma per figli e nipoti e sarà bello uguale. Ma sono balle. L’essere umano è glabro, non è anatomicamente attrezzato per il freddo, è una scimmia giovane, il resto è un tentativo di prolungare attimi di estate nell’inverno, il resto è surrogato di vita. L’estate sta finendo…”ma stanne pur sicura io non ti scorderò”.
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