La casa di carta terza stagione è una cascata pazzesca (senza 92 minuti di applausi)

29 Luglio 2019
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I nuovi personaggi

Ci siamo, la Casa di Carta è tornata e con lei il Professore (Álvaro Morte) e l’intera banda più alcuni membri: Lisbona, ovvero la ex ispettrice Raquel Murillo (Itziar Ituño), Marsiglia (Luka Peros) col suo furetto Sophie, Stoccolma (Esther Acebo) ovvero la ex segretaria Monica Gatzambide, Bogotà (Hovik Keuchkerian) e infine Palermo (Rodrigo de la Serna), grande amico di Berlino e ideatore del nuovo piano.

Trama

Perché mai, vi chiederete i rapinatori, ormai ricchi dovevano tornare a fare colpi ne LA casa di carta terza stagione? Perché Tokyo ha deciso che non vuole più fare la fidanzatina di Rio e abbandona la loro “luna di miele” su un’isola deserta per andarsene, ma lui non resiste e la chiama al telefono e così l’Interpol li intercetta.

Segue l’arresto e la tortura per Rio, e Tokyo, pentita, decide di salvarlo. Il Professore riunisce la banda e decide di dare seguito a un vecchio piano di Berlino (mirabile presenta attraverso una serie di flashback): svaligiare la riserva aurea della Banca Centrale di Spagna e ricattare in qualche modo il governo per ottenere la liberazione di Rio.

Da qui in poi la trama è simile alla prima e alla seconda stagione de La casa di carta, fatta eccezione per alcune “cosette”, che sarebbero ridicole già in una telenovela di serie b, e che non avremmo voluto vedere.
SPOILER attenzione!
  1. Tokyo, ovvero la stronzetta della porta accanto. Che Tokyo fosse un personaggio a tinte forti lo si sapeva ma in questa terza stagione risulta veramente odiosa e non perché pianta Rio ma perché muove la testa tipo T-Rex che sta per attaccare ogni volta che deve fare qualcosa. Inoltre, quando capisce di non essere più quella che comanda si fa girare le scatole e mette su il muso. Manco avesse tre anni.
  1. Rapinatori esperti in operazioni chirurgiche di precisione. Non stiamo parlando di banali estrazioni di pallottole ma di operazioni oftalmiche per le quali di solito serve una laurea almeno settennale.
  2. Gente che salda cose sott’acqua ma non vuole usare la bombola dell’ossigeno perché i tempi sono stretti. Appunto, i tempi sono stretti quindi forse sarebbe meglio non rischiare di morire, no?
  3. Rivendicazioni femministe a caso, annunciate più che realizzate. Se fai incazzare una rapinatrice ti aspetti un comizio contro il patriarcato o una pistola? Eppure in questo caso vince il comizio.
  4. Rapinatori che si improvvisano Cyrano de Bergerac dando consigli amorosi. Cioè, stanno lì a fare una rapina e perdono tempo con le beghe sentimentali degli ostaggi? Ma stiamo scherzando?
  5. La colonna sonora: preparatevi perché Bella ciao è in gran parte sostituita da Guantanamera. Non parliamo poi del resto delle musiche… Paso adelante

Se avrete sopportato fino a qui, ovvero fino alla settima puntata de La casa di carta 3, e aspettate il gran finale… proteggete il telecomando perché lo lancerete, mettetevi un caschetto perché darete testate violente sul muro, togliete di mezzo la cassetta degli attrezzi perché potreste essere tentati dal distruggere il televisore. La Casa di Carta termina con un nulla di fatto, finale aperto e molti interrogativi.

Un peccato, anche perché, nonostante le cose assurde che accadono, in fondo i protagonisti (tranne Tokyo e Arturo) de La casa di carta terza stagione sono anche simpatici e la loro lotta contro l’establishment condivisibile. Di sicuro però Netflix avrebbe fatto meglio a girare anche la quarta stagione e farla uscire in contemporanea, così, dopo la delusione, ci saremmo risparmiati almeno l’attesa dei nuovi episodi.

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