Perché mai un porcospino dovrebbe raccontare la sua vita? Non dovrebbe infatti, ma il narratore di Memorie di un porcospino non è un normale abitante del bosco, bensì un doppio magico di un essere umano.
Inoltre abita in Africa, patria di leggende suggestive che l’autore di Memorie di un porcospino, Alain Mabanckou, riprende, creando un romanzo suggestivo e tragico.
Un’antica leggenda africana narra che ogni uomo ha un doppio nel mondo animale e in questo romanzo Kibandi, un ragazzino vivace e sveglio, viene iniziato dal padre tramite una bevanda speciale, la mayamvumbi. Una volta ingerito l’infuso, il ragazzino non solo si lega indissolubilmente a un animale ma sviluppa un ulteriore doppio, “l’altro sé”, identico a lui in ogni cosa, tranne che per l’assenza di occhi e bocca.
Si intuisce che il terzetto porterà solo guai, e infatti Kibandi diventa presto un efferato assassino, costringendo il porcospino a fare il lavoro sporco per lui.
Tuttavia non ha fatto i conti con la fame di conoscenza dell’animale, che a un certo punto impara a leggere e scopre che il suo destino può essere diverso e comincia un’opera di ribellione sottile ma fatale.
Se siete stufi dei soliti romanzi, Memorie di un porcospino potrebbe sedurvi perché apre prospettive narrative inusitate, scegliendo un protagonista insolito, il porcospino, e rendendolo a poco a poco più consapevole e maturo, al punto da farlo diventare un narratore credibile e potente.
Consigliatissimo se non avete timore del lato oscuro di voi stessi e degli altri.
LEGGI ANCHE:
La pizza per autodidatti, breve compendio sulla vera religione nazionale
Il ritratto di Dorian Gray racconta la vita di un tipico Millennial alle prese con i selfie
La coscienza di Zeno analisi per Millennial: un toccasana per la nostra autostima