L’impressione degli ultimi mesi è che i millennial abbiano sofferto questa pandemia più delle altre generazioni. Sarà mica una reminiscenza di ciò che accadde 100 anni fa?
La recessione economica degli ultimi 13 anni ha accentuato le cicatrici e il divario intergenerazionale che i millennials sentono nei confronti dei più anziani. La maggioranza si è laureata in un mercato del lavoro degradato, con salari stagnanti e uno spaventoso aumento del costo della vita. Una combinazione che ha impedito a molti di ripagare il debito studentesco, mentre poneva altri nella difficile condizione di non poter nemmeno accedere all’università.
I millennial e la recessione degli ultimi due anni
I millennial più giovani hanno colto il periodo di lenta ripresa dopo aver visto alcuni amici più anziani sopportare il peso del dolore economico. Ma adesso sono loro ad essere colpiti dalle conseguenze del covid-19.
I lavoratori sono stati attaccati in termini di licenziamenti, mentre i più anziani hanno visto la cassa integrazione aprirsi come una voragine. Il mercato del lavoro così abbandonato e impoverito da anni di sprechi e cattive gestioni ha influito negativamente sulle capacità dei millennial di creare ricchezza.
La storia della pandemia si ripete: greatest generation
Non è la prima volta che una generazione viene definita da una recessione e poi da una pandemia. C’è un pesante parallelismo con greatest generation (i nati fra il 1904 e il 1924). La generazione dei forti, dei vittoriosi, dei combattenti per la patria. La prima manche di questa generazione fu colpita dall’influenza spagnola e poi dalla grande depressione del 1929. Quelli che non morino a causa della pandemia vennero decimati da una crisi economica senza precedenti.
Forgiati nel fuoco delle avversità? Forse. Gli esperti sono sinceramente convinti che, storicamente, le generazioni divise da eventi di grande impatto siano quelle che poi ricevono nuove prospettive e orizzonti. La paura e l’incertezza si trasformano in nuove visioni sul passato e sul futuro. Ci si accorge che qualcosa è cambiato per sempre e l’unico limite in cui si rischia di inciampare è la noncuranza verso gli eventi precedenti o futuri.
La pandemia come punto di rottura
Se le difficoltà lasciano una generazione con la fame per una ristrutturazione del sistema economico, allora la prospettiva di un’altra generazione sarà completamente opposta a quella della classe che ha vissuto il periodo difficile.
Molti già ipotizzano che la recente pandemia sarà la linea di demarcazione fra la generazione Z e quella che verrà, definita -verosimilmente – dall’incapacità di ricordare la pandemia. In questa chiave di lettura un altro punto di rottura post-pandemia segnerà la fine della gen Z e darà inizio a una nuova macro categoria generazionale.
La prospettiva ottimista: lo slancio umanistico
Non tutto è perduto. La storia insegna che dopo un periodo di grandi incertezze c’è sempre uno slancio umanistico. La Grande Depressione ha portato 100 anni fa gli Stati Uniti a costruire nuove infrastrutture, a richiedere il salario minimo, a lottare per i diritti dei giovani e dei lavoratori.
La voglia di benessere fa nascere nuove idee e la sedentarietà a cui siamo stati obbligati ci porterà a voler riscoprire vecchi modi di viaggiare e di spostarci. Dopo questo periodo infelice, ai millennial verrà chiesto di essere i promotori di un nuovo Rinascimento culturale.
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