Nella galleria Raffaella Cortese di Milano, fino al 5 maggio, è possibile vivere un’esperienza artistico-orfica sulle orme di Mathilde Rosier.
La personale dell’artista Mathilde Rosier, Impersonal Empire the Buds, si apre con un video in cui due ballerini disperdono, coi propri passi, le lettere con cui è ornato il pavimento.
È una danza sufi, un vortice incessante in cui sprofonda l’Io per giungere ad una comunione completa con l’Assoluto. L’ordinaria Sapienza, seppure dettata dalla Parola, va superata per giungere ad un’intima connessione coi piani superiori dell’esistenza.
Questi mondi di consapevolezza amplificata sono rappresentati, subito dopo il video, dai quadri di Mathilde Rosier.
“La pittura fa dimenticare la nostra storia, il nostro volto”, ci racconta.
Si deve superare l’Alfabeto entrando nel tempo sospeso in cui l’Io si parcellizza per giungere, infine, ad una ricomposizione dello stesso su un piano di consapevolezza superiore. “Bisogna dimenticare il proprio corpo” guardando i dipinti. Essi diventano, come le lettere nella meditazione cabalistica, dei portali tramite cui dissolverci in piani di esistenza superiori. Non è, però, una meditazione basata sull’Intelletto ma “su una gioia che ci fa esultare ed intuire qualcosa di profondo in noi stessi”.
La meditazione passiva si confonde con quella attiva sufi: l’iniziando procede nel cammino di autoilluminazione disperdendo nella danza il canone tradizionale delle parole: “la pittura, quando“agisce”, taglia la funzione incessante del linguaggio nella nostra mente”.
Le opere vanno osservate con la “vista primordiale” ossia con lo sguardo dello sciamano che disvela il piano magico dell’Essere.
I quadri rappresentano figura capovolte. Come Odino appeso all’albero del mondo e la dodicesima carta dei tarocchi, lo gnostico deve capire che il mondo va visto sottosopra per giungere alla consapevolezza.
Cosa cerca Mathilde Rosier? La completezza del Sé. Questa sua personale/impersonale mostra che il percorso autoanalitico dell’Artista, ovvero la sua gnosi, è giunto ad un punto fermo.
Trascendendo la conoscenza ordinaria (seppur esoterica) alfabetica, rovesciando le prospettive, attraversando mondi paralleli, l’artista giunge al Padre. L’ultimo dipinto, infatti, rappresenta sempre una figura capovolta ma sul cui corpo vi sono scritte le lettere A e B che formano una vorticosa ed incessante serie di Abbà (Pater). Le lettere, prima disperse, ora si ricompattano sul quadro. Diventano Parola e le parole stesse vengono rappresentate come un flusso, un fiume, che riempie l’immagine.
È l’arrivo di Mathilde Rosier al Padre, all’Assoluto.
Il suo Sé è, ora, ricostituito.
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