10 anni di Spotify: 180 milioni di utenti per una rivoluzione che in molti ancora non capiscono
Dopo 10 anni Spotify conta 180 milioni di iscritti. E pensare che nel 2008 c’erano ancora in giro i cd, tu millennial scaricavi illegalmente da qualche server nei Caraibi o, se eri corretto, pagavi 0.99 centesimi per scaricare legalmente da ITunes.
Sembra il Pleistocene, invece era “solo” il 2008 e nella bruma gelata dell’ottobre svedese, il solito duo di nerd (Daniel Ek e Martin Lorentzon), che avevano fondato la società Spotify da due anni, andarono finalmente online. Con uno slogan talmente banale ed efficace da mandare in pensione qualunque esperto di marketing: Spotify, music for everyone, musica per tutti.
Negli anni Zero la nascita dei colossi del web passò quasi inosservata. A parte il fenomeno Google, per accorgerci di Facebook abbiamo atteso il 2009. Amazon si dava quasi per morto, e si vendevano cose da collezionisti su eBay. Oggi i 10 anni di Spotify sono una sorta di celebrazione minore, perché il pensiero comune è che i 10 anni di Spotify sono poca cosa in un ciclo economico.
Invece questi 10 anni hanno fatto la storia delle rivoluzioni tecnologiche. Negli ultimi vent’anni, la massima sperimentazione alla fine ha proprio riguardato la musica: mille volte abbiamo detto che Napster avrebbe ucciso la musica e gli autori e le radio. Mille volte abbiamo detto che Youtube avrebbe ucciso radio e tv insieme.
Per quanto riguarda lo streaming, poi, l’idea che potesse essere legale, illimitato e gratuito come nel caso di Spotify. Musica e podcast, un modello di business fatto di pubblicità/abbonamenti e la condivisione delle playlist che in fondo è il minimo sindacale del social network (peraltro MySpace si basava su questo).
E allora, che cosa ha generato un sistema da circa 180 milioni di iscritti, 60 dei quali in abbonamento, per 40 milioni di brani e podcast di ogni tipo molti autoprodotti? Probabilmente tutto o quasi si deve al passaggio del traffico web sul mobile che non ha fatto altro che riportare il concetto della vecchia radiolina FM portata in giro la domenica dai nostri nonni a una fase 2 moderna e all’ennesima potenza.
Ancora una volta le profezie apocalittiche non sono mancate e hanno proprio riguardato la radio: Spotify in auto avrebbe distrutto la radio e i suoi affezionati ascoltatori. Ora sappiamo che non è così. O quantomeno non c’è stato nessun killer della radio. Come nessun killer della tv o dei libri o dell’editoria. C’è stato, questo sì, un adattamento. Ma in fondo il mercato non ha espulso alcun mezzo, anzi ne ha aggiunti molti altri.
Così come ha aggiunto visibilità per chi, creativo, non avrebbe mai avuto modo di sbarcare sul mercato delle etichette e delle Major: 10 anni di Spotify parlano di 3 miliardi di playlist pubblicate dagli utenti e 10 miliardi di euro versati da Spotify ai detentori dei diritti musicali dei pezzi disponibili in streaming sulla piattaforma.
È Spotify in occasione del decennale della sua fondazione a dare i numeri: «Ottobre 2008 – ottobre 2018» 10 anni dal lancio ufficiale. L’occasione per Spotify era buona per pubblicare una rassegna sulle più grandi rivelazioni della musica, con dati su abitudini d’ascolto e preferenze degli utenti appassionati di musica. E c’è una speciale playlist Decade of Discovery selezione di brani che hanno registrato i numeri più alti di streaming negli ultimi 10 anni.
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