Musica.
Nel mondo di quella italiana se di cognome fai Bertoli non puoi passare certamente inosservato e Alberto Bertoli, figlio di quel gigante del nostro cantautorato che era Pierangelo Bertoli, ricalca le orme del padre e con la sua musica tocca sempre argomenti di grande impatto grazie anche a un’energia e una capacità di scrittura davvero d’altri tempi.
Il 25 aprile scorso è uscito un nuovo singolo, Pane al pane attraverso il quale il cantautore sassuolese tocca argomenti decisamente attuali che non sono passati inosservati. Siamo andati a fare una chiacchierata con lui e abbiamo conosciuto un personaggio di una schiettezza unica con il quale davvero non ci si stanca mai di confrontarsi.
Alberto, la questione pandemica sembra darci un po’ di tregua e le possibilità di rivedere musica live possono un po’ sbloccarsi, qualche tuo collega, tipo Nek sostiene che si dovranno rivedere pretese e quant’altro, soprattutto per i nomi più importanti, cosa ne pensi?
Beh, direi che Filippo ha pienamente ragione e mi trova d’accordo. Quest’ultimo anno e mezzo ha letteralmente stravolto tutto il mondo, e il nostro più degli altri, quindi se si vuole riiniziare un percorso verso il ritorno alla socialità, anche dal punto di vista artistico, bisognerà rivedere la propria forma mentis ed il proprio ego.
A proposito di socialità, tu sei anche logopedista, a livello professionale, cosa ti sei trovato ad affrontare nel tuo lavoro con questa emergenza sanitaria?
Guarda, la situazione è davvero preoccupante, sai?
In che senso? Ci puoi fare qualche esempio?
Ovviamente la mia utenza è legata a bambini in età scolare e se tieni conto di come viaggi il tempo a quest’età puoi immaginare che, per scoperte, per energia e tanto altro, un anno vissuto da un bambino, che ne so, di dieci anni può esser paragonato ad almeno 5 anni di un adulto. Quindi prova a immaginare che buco emotivo può essersi creato in questo periodo e questa falla non si chiuderà quando tutto sarà rientrato, ma si ripercuoterà nelle generazioni future che faranno capo a questi bambini. Insomma, un casino esagerato, credimi.
Questa tua realtà professionale ti ha messo, quindi, di fronte alle criticità legate all’emergenza covid dal punto di vista sociale e umano unitamente, poi, a tutto ciò che riguarda l’ambito artistico dove sicuramente anche tu stai soffrendo parecchio.
Beh, non scopro di certo io che tutto il settore è alla canna del gas, se vogliamo usare un eufemismo. Pensa che io, per quanto riguarda il Sud Italia, avevo otto collaboratori coi quali mi rapportavo per organizzare i miei eventi e due di loro hanno dovuto lasciare per trovarsi un altro lavoro perché, bada bene, non riuscivano più nemmeno a fare la spesa. Ci rendiamo conto? Esistono realtà delle quali si parla davvero poco, ma ci sono drammi familiari reali perché proprio l’ambito artistico, quello musicale nello specifico, stanno vivendo veri e propri drammi e sentirne parlare così sui media non rende l’idea, credimi.
In tutto questo ginepraio, quindi, hai deciso di uscire con un nuovo singolo, Pane al pane per l’appunto, dove vai a toccare corde molto sensibili e argomenti molto scottanti, ci racconti qualcosa di questa canzone che lascia intuire come non sia solo un singolo, ma il bisogno di sfogarsi e di dire la tua?
È esattamente così. Il tutto nasce attorno al mese di gennaio, quando ci sono state quelle finestre dove un pochino eravamo riaperti, io e la mia compagna abbiamo invitato a casa un paio di amici dei quali uno sappiamo esser negazionista. Di solito, conoscendoci reciprocamente, evitiamo l’argomento, ma quella volta le cose sono andate diversamente e lui ha preso, diciamo così, una buccia di banana nei confronti della nonna della mia signora che era deceduta a causa del virus poco tempo prima.
Ahia! Quindi si è scatenato l’inferno?
Fortunatamente no, la mia compagna ha mantenuto il controllo e con grande signorilità ha gestito la cosa con grande equilibrio, ma a me sinceramente, un po’ il sangue ha iniziato a ribollire. Proprio questo evento ha dato il via alla nascita di Pane al pane. Il giorno dopo mi sono ritrovato con un’idea di canzone nella testa, stavo cercando di iniziare a scrivere un nuovo album, poi il caso ha voluto che Marco Baroni mi inviasse un demo. L’idea mi piacque, ho cambiato il testo, un po’ la musica ed ecco qui. Però poi, come spesso accade, la cosa è finita in un cassetto.
Però poi qualcosa è successo vero?
Ovviamente sì – sogghigna ndr – succede che faccio il vaccino anticovid e posto la foto sui miei social e, bada bene, non l’ho fatto per un mio tornaconto, bensì perché credo che personaggi con una certa visibilità debbano contribuire a sensibilizzare proprio per il ruolo che hanno. Non ti dico lo tzunami di insulti che ho ricevuto con riferimenti, per altro, veramente poco simpatici verso mio padre che, secondo questi signori, avrebbe dovuto rivoltarsi nella tomba. A questi signori faccio notare che mio padre ha passato la sua vita su una sedia a rotelle perché non c’era, ai tempi, il vaccino antipolio, ma vabbè, stendiamo un velo pietoso. Proprio in questo periodo, vedi le coincidenze, un imprenditore delle mie parti, Alessandro Simonazzi, mi contattò per chiedermi se avevo qualcosa per una compilation dove si voleva parlare di questa situazione.
Quindi cosa è successo?
Io ho detto che un pezzo nuovo lo avevo, ma che parlava di vaccini… Alessandro ha voluto sentirlo lo stesso, se ne è innamorato e quindi Pane al pane finirà in questa compilation che si chiamerà Collettivo Mario rossi. All’interno della quale saranno presenti anche altri artisti come Andrea Mingardi, Danilo Sacco, Luca Anceschi e tanti altri.
Il tuo pezzo sta andando benone vero?
Sì. Debbo dire che sono contento di come sta piacendo anche se, ovviamente, anche qui gli insulti non sono mancati, visto il tema.
Con Pane al pane hai detto la tua su no-vax e negazionismo quindi è un po’ successo ciò che ci hai raccontato in precedenza con quel post dopo aver fatto il vaccino?
Oh sì – ride ndr – anche se all’inizio, con stupore, avevo visto poco poi Stefano Bonacini ha condiviso il mio video sui suoi canali social e apriti cielo. L’ondata di odio e disagio si è scatenata anche se, debbo dirlo, alla fine ti ritrovi sempre gli stessi commenti copiati e incollati. Non capisco proprio questo modo di fare, ma tant’è, personalmente ho le mie idee, che peraltro tutti conoscono, e non saranno certo due o tre invasati a fermarmi. Perché, lo ripeto, questo è il mio modo di fare musica e se si conosce il percorso artistico di mio padre, colui che mi ha veramente insegnato il mestiere, non si può pensare che io agisca diversamente.
E cosa significa per Alberto portare un cognome così importante?
Per me è motivo di grande orgoglio, anche se in certi momenti è sicuramente impegnativo, ma, mi ripeto, questo lavoro, questa attività, mi è stata insegnata da un genitore che prima di tutto metteva la persona davanti a tutto e, nel mio piccolo, credo di ricalcare il suo modo di fare.
Come abbiamo accennato all’inizio di questa chiacchierata, sembra che la tenaglia pandemica stia allentando la sua morsa, tra stagionalità e crescita delle persone vaccinate, riusciremo a vederti di nuovo live su un palco?
Bah, premetto che il mio ambito è la piazza, di certo non gli stadi, e credo/spero che riusciremo di nuovo a calcare i palchi e se le cose procederanno al meglio. Diciamo che si inizia a poter tentare di programmare qualcosa. Speriamo davvero di ripartire perché di energia da consumare ce ne è davvero tanta.
Video: Pane al pane di Alberto Bertoli
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