fbpx

Borotalco, la canzone malinconica dove si incontrano indie e rap

9 Gennaio 2019
9088 Visualizzazioni

Combina i due generi in voga negli ultimi anni, ma Borotalco di Noyz Narcos, Carl Brave e Franco 126 c’è riuscito, con un singolo pieno di paranoie, disperazione, amore e tanta, tanta Roma.

Borotalco di Noyz Narcos, Carl Brave e Franco 126 è la decima traccia di Enemy, disco di Noyz Narcos, uscito in aprile ed eletto (quasi all’unanimità) miglior disco del 2018, tra gli altri da Rolling Stone. Per Noyz Narcos è il quinto album, il primo dopo cinque anni di silenzio e, forse come ha annunciato lui stesso, l’ultimo.

Enemy suona distante da Verano Zombie (secondo album dell’artista) e da quel beat cattivo, ma Noyz racconta di averlo curato con la stessa precisione maniacale e di esserne totalmente soddisfatto.

È un album che accoglie i nuovi tempi, la nuova scena musicale, pur rimanendo fedele allo stile e ai temi di Noyz. Per questo, è pieno di featuring con cantanti e rapper che Noyz stima e che stanno cavalcando il successo in questo esatto momento.

La scelta è ricaduta infatti su artisti che avessero all’attivo almeno un album nell’ultimo anno. Tra Luché, Salmo, Achille Lauro, che possono non stupire, i nomi che saltano più all’occhio sono quelli di Carl Brave e Franco 126, sulla traccia appunto Borotalco. Cosa ci fanno due dei principini dell’indie assieme a un membro del Truceklan?

Borotalco testo è una canzone claustrofobica e piena di malinconia, alla Noyz, ma è anche un inno d’amore a Roma raccontato per immagini, in stile Carl e Franco. Ecco il testo:

La luna si specchia sul lungo Aniene

Vedo una nutria che danza per me

Stanotte le strade piene de gente, de subumani

Io me batto i substrati sapiente

Balla coi diavoli attorno al falò

‘Ste festicciole, Salò

Cento giornate in hangover

Polveri e fiches sul comò de ‘sta povera villa

Che ne sarà di quest’alcol che nuota nel corpo

Pari morto de sete

Scoli ‘n inferno parlando co’ ‘n prete

La luce blu di quel cesso nasconde le vene

Roma è ‘na camera a gas

Entro col pass dall’entrata sul retro

Scopri che ami il sapore del sangue

Se scopri che non sei fatto de vetro

Due per sessanta, la grande

Cerco la mia tra milioni di stanze

‘Sti alberghi anni settanta

Gonfia le pance ‘sta birra, lei mi fissa, mi sbirra

Come vuoi che mi gira? Tutto scazzato de prima mattina

Il mio passato ammassato in cantina dai miei

Tornassi indietro lo stesso farei

Resta con me su ‘sto core

Tevere biondo non muore così

Coltelli ficcati a fondo nel cuore

Chi vive sotto ‘sto cielo lo sa che vor di’

Io non penso tu possa capirmi

Sarà il buio a rapirmi stanotte

Vorrei solo schioccare le dita e sparire di botto

Noyz Narcos vive da più di tre anni a Milano e sente la mancanza della sua città natale, con quel rapporto di amore viscerale per una capitale, che in fondo, pur corrispondendo il suo amore, gli fa solo del male.

Di questo rapporto malato parla nelle prime barre di Borotalco testo dove Noyz usa termini come sangue, vene, cuore. Emerge anche tutto il dolore dei “coltelli ficcati a fondo nel cuore”, dovuto alla lontananza da Roma e alla distanza che separa il rapper dal passato.

La Roma che Noyz racconta è degradata, è quella di un lungo Aniene invaso da nutrie e di bagni con la luce blu, per evitare che i tossici di eroina si trovino le vene. Roma è “una camera a gas” e nonostante questo, Noyz la canta e la ama, come chi scopre “di amare il sapore del sangue”.

Noyz ribadisce ciò che ha sempre espresso col suo rap, sentimenti a tratti opprimenti, che si possono curare solo con alcool e droga e che, nove su dieci, non sono condivisi da chi gli sta intorno, tanto da voler solo “sparire di botto”.

Attacchi d’asma, attacchi d’ansia

Io che attacco il telefono in faccia

Tanto è solo un’altra nottataccia

Tanto è solo un altro voltafaccia

Attacchi d’asma, attacchi d’ansia

Io che attacco il telefono in faccia

Tanto è solo un’altra nottataccia

Tanto è solo un altro voltafaccia

Il concetto di un malessere che non si riesce a comunicare, e quindi esorcizzare, è ripreso anche nel ritornello, cantato da Franco 126, il cui succo è: porta pazienza, stringi i denti e supera l’ennesima crisi, è solo una (delle tante passate e tante future, ma per fortuna non tutte) serate di merda.

Conto i respiri, silenzio di tomba

Cammino sopra ‘sti tombini

Pe’ strada ‘n c’è ‘n’ombra, tutti spariti

In giro neanche turisti e spaccini

Una faccia da cazzo sorride

Sopra uno di quei manifesti sbiaditi

C’è un pazzo che sta su di giri

Dice che non sei romano se non sali quei tre scalini

I miei mobili sembrano sfingi

Siamo sotto ‘sto cielo di spilli

E non penso tu possa capirmi

Che qui in testa c’ho un coro di strilli

Questa notte non porta consiglio

No, non ha niente da dirmi

Per la testa mi saltano i grilli

Ricordi che scalciano dai ripostigli

Niente per cena, borbotta una caffettiera

Calpesto unghie di strega

Forse davvero tutto si sistema

In lontananza sento una sirena (nino nino)

Da queste parti si gela, Siberia

Mi squaglio come una statua di cera

Io che ho sempre fatto alla mia maniera

Non casco in piedi ma sempre di schiena

A volte mi sembra d’impazzire

E non penso che serva partire

Sogni d’oro non riesco a dormire

Fumo mentre aspetto le mattine

In silenzio ti guardo appassire

Braccia conserte, niente da dire

Chardonnay, Sauvignon da due lire

A volte vorrei solo schiocca’ le dita e sparire

Franco continua raccontando in Borotalco testo una serata di gelo a Roma. È tarda notte e la città si popola di una serie di personaggi bizzarri: pazzi che urlano, sirene, le facce sopra ai manifesti elettorali.

A far compagnia più di tutto sono le paranoie e i problemi “un coro di strilli” in testa, il rapper è talmente disilluso che nemmeno partire per cercare la felicità altrove sembra una soluzione.

Quindi continua a fumare aspettando l’alba, in preda ai suoi tormenti, guardando quello che gli sta intorno (anche una ragazza) appassire assieme al suo umore, desiderando ancora una volta, solo sparire.

Fuori il Calisto bevendo co’ ‘n cristo

I miei sul divano a vede’ Chi l’ha visto?

Lei vola per l’anno sabbatico a Bristol

Maghrebini sopra Ponte Sisto

Punkabbestia mi chiede du’ spicci

Non vuole i ramini, cammino su questi tombini

Squagliati, sorrido ma mostro i canini

La radio dà ancora Masini, fanculo

Scodinzola uno Shar Pei

Ossa di ruggine, i tuoi nei sui miei

Se mi dicessi partiamo, andiamo, credo che potrei

Il tuo amico batte cassa, non ce l’ho e basta

Il mio amico fuma i chili ma non è un rasta

Abbiamo la testa matta-ta-ta

Sto vedendo Gomorra “ra-ta-ta-ta”

Ragazzini sulle Chatenet

Pijo l’iPhone, tu mettimi Drake

Maglietta balloon, a Milano mi dicono che sono terun

Lei prepara la prova costume

Scendo sotto a buttare il pattume

Una crepa sul muro portante

Io la faccio sentire importante

Il mio amico che riposa in pace

A pregare non sono capace

Ai suoi piedi ossuti Versace

La narice sporca di vernice

Sono cresciuto con Willy a Bel-Air

E nella folla non voglio il parterre

Abbiamo messo la quinta di eh

La scena mia l’ho vista prima di te, eh

Le barre di Carl Brave continuano a raccontare una Roma notturna, ma meno tetra, solitaria e degradata di quella di Noyz e Franco. Qui ci sono luoghi centrali e affollati della movida romana, come Ponte Sisto, e c’è spazio per gli affetti, c’è lei, un amico, i genitori.

E anche se non corrispondono alle aspettative (lei che se ne va lontana, i genitori ritratti in una routine stanca), fanno almeno da argine allo sconfinare delle paranoie. L’amore serve a consolare, nel momento di vicinanza descritto con “i tuoi nei sui miei”.

Tornano poi gli elementi più familiari come Gomorra, le macchinette dei ragazzini, la musica di Drake, l’eterno dissidio tra Milano e Romami dicono che son terun”. Gesti come buttare l’immondizia e la fidanzata che si mette a dieta, anche se si scontrano con la morte di un amico e l’uso di cocaina, danno comunque un senso di calma e appartenenza.

Tutte le contraddizioni permettono di individuare un ruolo, un’identità comune agli abitanti di Roma, a quelli che costituiscono la “scena” citata nell’ultima strofa da Carl Brave.

LEGGI ANCHE:

Il K-pop delle Blackpink

Il twerking di Elettra Lamborghini. Ma ci è o ci fa?

La paternità che rincoglionisce Fedez

Che cosa vuol dirci la canzone hit dei veglioni Maracaibo

Posso testo Carl Brave feat Max Gazzè: un after party no-sense alla romana

Voglio una pelle splendida testo. Manuel Agnelli e il desiderio millennial di essere superficiali

Una donna che conta testo: da papa Wojtila a Lele Mora, tutti gli amori di Myss Keta