Respira yoga. L’Ariston, un palcoscenico di reale condivisione?

1 Febbraio 2022
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12 milioni di spettatori nel 2019, 8 milioni nel 2020, 11 milioni nel 2021. E pensare che questi sono i soli dati dell’audience di Rai 1. Generazione X, gen Z, millennial e baby boomer, tutti seduti insieme sul divano per il Festival intergenerazionale per eccellenza, quello che celebra la musica.

Mi domando come mai nell’era del consumismo più sfrenato, che prova a vendere travestendosi anche da minimalismo, in cui le aziende sono ossessionate dal catturare l’attenzione dei prossimi clienti, gli occhi di milioni di italiani sono puntati sul palcoscenico dell’Ariston. Perché? Certo, una ragione è proprio l’amore per la musica! Ma c’è di più.

L’arte di condividere

«Mi siedo sui talloni, appoggio la fronte sul tappetino con le braccia lungo il corpo. Ritorno a una respirazione leggera, meno profonda rispetto a quello ujjayi che mi ha accompagnato durante tutta la pratica. Lentamente sollevo il busto, porto le gambe sul lato destro e mi siedo. Con le ginocchia piegate, divaricate alla larghezza del bacino, e i piedi ben piantati a terra srotolo una ad una le vertebre per distendermi sul tappetino. Lascio poi andare le gambe e le braccia in Savasana».

Lo ammetto, ho ceduto anche io al Fantasanremo. Dovrei passare le prossime 5 serate con Rai 1 in sottofondo? Ovviamente quando si parla di musica si può fare un’eccezione e ancor di più se si parla di condivisione. Mi mancano troppo i miei amici per non partecipare con loro a quest’esperienza, così dopo aver litigato con i baudi ho finalmente messo in campo la mia formazione.

Yoga significa unione

«Dirigo ogni espirazione nelle zone del corpo che sento essere più contratte. Inspiro profondamente e espirando dalla bocca cerco di lasciare andare completamente ogni pensiero. Il corpo stanco e soddisfatto dallo sforzo fisico fa più facilmente spazio al suono delle onde del mare che prima mi culla, poi mi trasporta e mi trasforma».

Yoga, “yukti” in sanscrito, significa letteralmente unione. Secondo una delle interpretazioni lo yoga è il cammino da percorrere per unificare “jiva”, l’anima individuale, con “atman”, l’anima collettiva. Le nostre anime dovrebbero quindi essere richiamate da quell’appartenenza inconscia che razionalmente non cogliamo? Il tutto magari mentre i nostri corpi fisici si stringono le mani o si tozzano i gomiti. Così me lo sono immaginata! In sostanza siamo tutti affamati d’amore e di condivisione ed è esattamente questo che cattura la nostra più profonda attenzione.

«Con estrema calma inizio a muovere le dita dei piedi e quelle delle mani, ruoto la testa a destra e poi a sinistra. Appena mi sento pronta mi giro sul lato destro e sollevo il busto; torno nella posizione semplice con le gambe incrociate. Inspiro profondamente e canto per tre volte Shanti. Assaporo l’ultima nota che rimane sospesa tra la punta delle mie labbra e l’aria; è pace, mi riempie. Apro gli occhi».

Lo yoga insegna a osservare i propri pensieri e così, andando più a fondo, possiamo riconoscere che anche quelli non positivi, che magari danno adito a critiche, non ci appartengono. Potrebbero essere i soli strumenti che conosciamo di condivisione? Se ci insegnano a criticare con superficialità, a opinare con fermezza per essere ascoltati, a iper ragionare per poter affermare con convinzione, questi sono gli strumenti che pensiamo di dover utilizzare. In realtà questo tipo di scambio non è condivisione.

Perché Sanremo è Sanremo?

Stasera seduta sul divano con il Festival in sottofondo e il gruppo Whatsapp aperto per partecipare ai dibattiti della league del Fantasanremo partecipiamo con consapevolezza a un evento che potrebbe apparire superficiale ma non lo è proprio per l’attenzione che gli viene rivolta. Speriamo che anche i conduttori ne siano coscienti e che diventi palcoscenico e strumento di condivisione reale. Una grande responsabilità in un momento così delicato.

Un momento che è stato sempre di unione e di condivisione. Per questo Sanremo è Sanremo.

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