L’immagine di Ghemon è sul palco a Sanremo, con un completo total white mentre canta Rose Viola. Ma Ghemon è attivo da più di vent’anni e il suo primo disco La rivincita dei buoni è uscito nel 2007. Chiamami è il suo manifesto
C’è una canzone che parla di ghosting, di quell’attesa infinita attaccati al telefono aspettando un messaggio dell’attuale cotta, della messa alla prova dei nervi, del pensare che il telefono sia rotto o ci sia qualche problema con la linea del non riuscire nemmeno a dormire e del sapere che non puoi essere (ancora) tu a fare questa mossa. E questa canzone l’ha scritta un uomo. Nel 2007. A Roma. Il titolo è Chiamami (ripetuto compulsivamente nel testo) e l’autore è Ghemon.
L’immagine più recente di Ghemon è sul palco del Festival di San Remo, con un completo total white mentre canta la struggente Rose Viola. Taglio biondo platino, rigorosamente senza barba.
Ghemon è allo stato attuale una delle icone della nuova musica indie, consacrato dall’ultimo album del 2017, Mezzanotte. Ma Ghemon è attivo da più di vent’anni e il suo primo disco La rivincita dei buoni è uscito nel 2007, anno in cui passavano alla radio Laura Pausini con Resta in ascolto, i Negramaro con Parlami d’amore e Biagio Antonacci con Sognami.
In quegli anni, in Italia, il pop era dominato dalla canzonetta d’amore e il rap era molto ma molto di nicchia, Noyz Narcos usciva con Merda Music, Fabri Fibra iniziava a diventare popolare con Bugiardo.
E poi c’era La rivincita dei buoni di Ghemon, che era un album rap sì, ma estremamente intimo, che affronta (anche) il rapporto di Ghemon con le donne, senza paura di mostrarsi debole.
Nel 2007 Ghemon aveva 25 anni ed era studente di giurisprudenza a Roma, intanto registrava e registrava, con mezzi di fortuna, facendosi influenzare dal rap straniero, dalla commistione di hip hop, R&B e soul d’oltreoceano.
Ha sempre voluto essere diverso da tutti e si è ispirato ispirandosi in ambito Italiano al lavoro di Neffa e Deda (componenti degli iconici Sangue Misto insieme a Dj Gruff).
Chiamami sembra scritta ieri, anzi oggi, mentre tento di combattere contro Whatsapp down per vedere se il tipo che mi piace mi sta ignorando di proposito o è solo vittima della disfunzione globale. È semplice e schietta, racconta la paranoia pura e un po’ immotivata tra due persone che conoscono le regole del gioco e tentano di rispettarle.
Per orgoglio, traumi precedenti, oppure semplicemente perché uno dei due è un po’ stronzo (o disinteressato). A chiarire da subito la sensazione di fastidio la frase che si sente prima che parta la canzone vera è propria…
Vedi se risponde…
No! sono le quattro del mattino
Il caldo s’appiccica come un chewing gum al mio cuscino
E il mio umore si piega, si flette
Come le setole del tuo spazzolino, lo hai lasciato sopra al lavandino
Quello del bagno grande di fronte al letto, opposto al mio comodino
Controllo tre volte il segnale ed ho cinque tacche
Se non è il gestore, forse è il telefonino?
Poi invento mille scuse, mille complicazioni
Problemi a cui do le mie soluzioni
Tiro le lenzuola inspiro, espiro
M’alzo e cammino in questo buio a tastoni
Paranoia al punto da riscrivere un messaggio e cancellarlo prima ancora di finire
Forse è questo Nokia a decidere, ha un fusibile rotto e
Lei mi chiama e io non sono raggiungibile… No!
Forse non ha credito
Forse ha pure visto i miei squilli ma non sa farmi l’addebito
Forse è con qualcuno, in tiro
Forse è con le amiche che sparla di me, in giro
Chiamami chiamami chiamami chiama chiamami
(Comportati da donna seria)
Chiamami chiamami chiamami chiama chiamami
(I polpastrelli sulla tastiera)
Chiamami chiamami chiamami chiama chiamami
(Falli scivolare adesso)
Chiamami chiamami chiamami chiama chiamami
(È il momento!)
Ghemon, in un’intervista per Hotmc, racconta che Chiamami parla del suo rapporto con «una ragazza che veramente non mi chiamava mai, mentre invece io volevo che lo facesse».
E continua: «Il brano credo che lasci cogliere in pieno l’angoscia e la paranoia di quel momento, senza celarlo in alcun modo». La canzone serve per esorcizzare e reagire: «Avevo deciso di mettere in musica anche le mie debolezze e gli aspetti di me che magari normalmente nasconderei agli altri».
Sentire quel Chiamami in loop è liberatorio e fa sperare, mentre la canticchi, che sia anche un po’ propiziatorio. Come uno sciamano che prova a invocare la pioggia. Fai la donna seria è la frase più significativa di tutto il brano, perché ribalta definitivamente la prospettiva classica: uomo che fugge – donna che ci soffre. Ghemon le pensa tutte pur di giustificare il comportamento di lei, dal telefono rotto alla mancanza di credito. Dodici anni dopo, siamo ancora messi tutti così, a prova che il tempo passa ma certe cose non cambiano mai.
No, così non può funzionare e
Devi dirmi quanto tempo devo aspettare
Dimmi tu se questo è il modo o se sono fuori luogo
A chiedermi perché non vuoi chiamare allora…
Chiamami (ripetuto all’infinito, ndr.)
A ogni squillo il cuore mi batte forte il doppio
A ogni messaggio ho gli aeroplani nello stomaco
E tiro pugni alla tua foto appesa al muro
E quando non sei tu vengono giù pezzi di intonaco
Boom! Schiantano sul pavimento
Come le speranze di avere qualche segnale del tuo attaccamento
Una chiamata non attesta un sentimento
Ma attenua la paura di ammettere ciò che sto fallendo
Uno, è un derby e non lo sto perdendo
Due giocatori esperti e tu i tuoi scacchi non li stai muovendo
È un gioco di inerzie, una guerra di nervi
Ma tu non sai cosa cazzo ti perdi
Qui ci sono due grandi verità, due lezioni che dobbiamo portarci a casa noi millennial che in campo amore siamo scarsi. La prima è che una chiamata non attesta un sentimento e che quindi tutte queste paranoie siano parzialmente immotivate. Perciò, per evitare l’empasse dello scrivo / non scrivo, meglio mettere via il cellulare e agire.
La seconda è: È un gioco di inerzie, una guerra di nervi. Ma tu non sai cosa cazzo ti perdi. Perché noi saremo pure i buoni (La rivincita dei), quelli che ci stanno male e te lo dicono anche apertamente, quelli che scrivono per primi ancora e ancora. Ma se ci schifate, ci perdete solo voi. Quindi se non funziona nemmeno Chiamami cantata come una danza della pioggia, lasciamo perdere e passiamo oltre.
Grazie Ghemon, caposcuola indie e preso male dal 2007: sei davvero uno di noi millennial.