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Giro d’Italia 2020 e la rivoluzione delle formiche – GiraGiroGiraGi degli Extraliscio

14 Luglio 2020
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“Perché sono come una formica, sudo ma non mollo mica”.

Sono due giorni ormai che questi versi mi girano in testa e la cosa più bella e che non mi dicono nulla. Sono solo entrati di prepotenza come quel “GiraGiroGiraGi GiraGiroGiraGi” che non vuol dire niente ma somiglia tanto ai ritornelli con rime da filastrocche di certi tormentoni estivi.

E in effetti GiroGiroGiroGi, sigla ufficiale del prossimo Giro d’Italia edita dalla Betty Wrong di Elisabetta Sgarbi e distribuita da Universal, avrebbe tutti i potenziali per diventarlo, un tormentone. Peccato che sarà trasmessa a ripetizione in televisione, almeno sui canali Rai che seguono la corsa rosa, solo nel mese di ottobre, visto l’anomalo calendario Uci dettato dalla pandemia covid che ha costretto il ciclismo a switchare la primavera per l’autunno.

Gli Extraliscio, che non avevo idea di chi fossero fino all’annuncio di Rcs sulla sigla del Giro, hanno fatto un lavoro che mi ricorda tanto certe atmosfere beatlesiane di alcuni pezzi in cui si respira a pieni polmoni quello che succede dietro le quinte. Ed è il delirio. Come il video della canzone che sembra ispirato al manifesto del Futurismo. L’inno della 103esima edizione del Giro d’Italia è per i fan, e non lo nasconde, ma racconta una storia personale.

Quella del ciclista formica che non molla e, come in una metamorfosi kafkiana al contrario, diventa un’atleta. Un gregario destinato alla fatica e al sacrificio per il bene del capitano della squadra. E da gregario, uomo di seconda o terza linea, subisce ancora un’altra metamorfosi, forse ancora più bella, diventando maglia rosa. Che è il segno di un sogno d’amore raggiunto in cima a una montagna: “Ora non son più formica, io sono un razzo in alta quota“.

Le due anime del ciclismo in una canzone

Il mondo delle corse su strada in bici, però, ha due anime: una intima e un’altra sociale. Le motivazioni, i sacrifici e il silenzio della fatica dei ciclisti da una parte. La folla e il chiasso di giubilo dei tifosi dall’altra. Beh, la mia sensazione è che Gli Extraliscio siano naturalmente portati a pensare alla seconda. E googlando un po’ di informazioni su questo gruppo folcloristico romagnolo liscio punk, la sensazione diventa certezza.

Le formiche infondo siamo tutti noi tifosi del ciclismo. Quelli che quando c’è la salita facciamo l’alba per arrivare più in alto possibile per poter godere del caos di carovane di ciclisti dilettanti, improvvisati e improbabili. In camper, in auto, in moto, in bici o a piedi. Tutti in coda per arrivare su e poi ammassarci sulle tribune naturali dei tornanti a serpentoni. Bandiere in mano e fiato in gola. Pronti a urlare per l’uno e per l’altro.

Il ciclismo è cambiato, i tifosi no

Un rito che si ripete uguale da decenni. Perché se è vero che il ciclismo è cambiatoNibali non è Coppi, né Froome è Merckx – e le condizioni per gli atleti in gara sono migliorate a vista d’occhio. C’è una componente che è sempre la stessa ed è quella della passione che porta un tifoso là su, pronto a incitare tutti dal primo all’ultimo.

Un rito che non è cambiato, era così con i baby boomer che seguivano i loro eroi su biciclette oggi da collezione, ed è così con noi millennial che con il fiato spingiamo quei cavalieri su destrieri in carbonio. Ecco, Gli Extraliscio con il loro GiraGiroGiraGi, credo, abbiano pensato proprio a noi e quel momento di festa che sta tutto nell’attesa di quell’attimo in ci sfrecciano davanti i campioni. E noi, come formiche che non mollano, gridiamo alla rivoluzione.

L’immagine di copertina del singolo è un disegno del pittore e illustratore Franco Matticchio, mentre il video ufficiale è stato realizzato da Michele Bernardi con la collaborazione di Davide Toffolo, frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti.

Ed ecco a voi gli Extraliscio con la loro la sigla del Giro d’Italia 2020:

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