Perché i Grammy dimostrano che da noi l’America è ancora molto lontana

15 Marzo 2021
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Anche quest’anno, anche nell’anno più complicato della loro storia, i Grammy Awards hanno dato spettacolo ed hanno indicato una volta di più come si debba organizzare uno show televisivo dedicato alla musica.

Un’edizione giocoforza condizionata dalla pandemia e relativi impedimenti, per quanto negli Stati Uniti le vaccinazioni stiano procedendo in maniera serrata; è stato così possibile organizzare gli Oscar della musica con parte degli artisti in presenza, per quanto distanziati e con mascherine d’ordinanza.

 

I Grammy 2021: lo spettacolo e le donne protagoniste

La cerimonia – 63esima edizione, 83 le categorie in gara, 5 artisti per ogni categoria in nomination – si è svolta allo Staples Center di Los Angeles, divisa in due parti: la prima con l’enunciazione di gran parte dei vincitori, la seconda con lo spettacolo vero e proprio.

Una cerimonia che ha premiato soprattutto le donne, la millennial Beyoncé (classe 1981, nella foto d’apertura) su tutte: con i quattro premi di quest’anno, Queen B è diventato l’artista con più vittorie in assoluto nella storia dei Grammy. Ben 28, il record precedente apparteneva alla violinista Alison Krauss. Grandi soddisfazioni per altre regine mondiali della musica, quali Dua Lipa (best vocal pop album), Taylor Swift (miglior album dell’anno) e Billie Eilish (miglior disco dell’anno). Italia a petto in fuori grazie al Maestro Riccardo Muti e alla Chicago Symphony Orchestra, vincitori nella categoria Best Engineered Album, Classical.

Per Sanremo è una partita persa in partenza

Premiazioni che fotografano come sempre al meglio lo stato della music industry da una prospettiva statunitense e una cerimonia dove tutto è calcolato con perfezione scientifica, trasmessa in prime time dagli Stati Uniti dalla CBS e che per l’ennesima volta è stata ignorata dalle tv italiane. Peccato che né Sky né Rai 4 ci abbiano pensato.

Peccato perché c’è sempre e soltanto da imparare da spettacoli di questo tipo, come già avevamo suggerito in un nostro precedente articolo dedicato al Festival di Sanremo. Sia chiaro, nessuna persona sana di mente oserebbe paragonare i Grammy a Sanremo, ma perché non provare a prendere spunti per svecchiare il Festival della Canzone Italiana? Se a Los Angeles sono riusciti a concentrare 83 nomination in poco tempo, perché i 34 concorrenti di Sanremo devo essere spalmati su così tante ore?

 

 

I monologhi ai Grammy: pochi e di qualità

Perché non provare a concentrarsi esclusivamente sulla musica invece di proporre un polpettone indigesto dove tutti devono giocare a fare i simpatici? Anche i monologhi… basta farne uno che lasci il segno invece che far svolgere il compitino a troppe persone. Un esempio su tutti? Il discorso di Ricky Gervais lo scorso anno ai Golden Globes, un capolavoro assoluto di scorrettezza politica del quale ancor oggi tutto il mondo si ricorda.

Certo, se poi per i media italiani gli outfit e il look delle star sul red carpet dei Grammy fanno più notizia della cerimonia in sé, è forse il caso di rassegnarsi? Mai! Questo articolo è una vera chiamata alle armi per tutti i millennial, prima che le future generazioni prendano definitivamente possesso del panorama musicale, lobotomizzati dalla trap in salsa italiana, con i loro improbabili personaggi che giocano a fare i gangsta fuori tempo massimo. Nella East e nella West Coast i gangsta erano qualcosa di anche sin troppo serio e alla fine degli anni novanta erano già passati di moda. 

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