Max Pezzali e gli anni 90: una colonna sonora 100% millennial
È il 1992 e, prima di Ligabue, Max Pezzali racconta le vite della provincia, Pavia. Pensieri in libertà, pub, fumetti, Uomo Ragno, donne mistificate, pianura e motorini.
Sono gli anni 90, già, quelli snobbati da chi aveva vissuto gloriosamente gli 80 e oggi ricordati in chiave più che altro criminal-giudiziaria con le serie di Netflix su Tangentopoli e compagnia bella. Max Pezzali comincia qui la sua avventura con Mauro Repetto e gli 883.
Mandano messaggi chiari, forse non intesi veramente per il loro significato. La hit Hanno ucciso l’uomo Ragno porta il duo sulla cresta dell’onda per un’Italia che non capisce bene dove sta andando (come ora del resto) ma nel frattempo parte per il mare. E ha fame di tormentoni leggeri e cantastorie da flirt estivi.
L’esplosione degli 883 assieme a Mauro Repetto
Hanno ucciso l’uomo ragno, chi sia stato non si sa, forse quelli della mala forse la pubblicità…
Era questo il tormentone, targato 1992, con cui gli 883 di Pezzali e Repetto hanno letteralmente fatto irruzione nelle radio italiane. La titletrack del primo disco di questo duo parla di uno dei super eroi più amati della storia del fumetto, soprattutto da chi negli anni 80 non si perdeva una puntata dei cartoni.
Max Pezzali negli anni 90 ne fa il simbolo per denunciare la fine dei sogni e di un certo idealismo. Un’allegoria che riguarda la fine dell’infanzia e dell’adolescenza, quando si sogna di più rispetto all’età più adulta, più pragmatica.
Solo oggi, ripercorrendo la storia di Max Pezzali, si può vedere come in realtà quella non sia soltanto, come volevano i suoi detrattori, una musica furba con testi d’evasione. Max Pezzali probabilmente parlava di ideali un po’ più grandi, che in qualche modo erano stati definitivamente uccisi da un mondo che di lì a poco sarebbe finito nelle mani delle multinazionali. Come in effetti è successo.
Il muro di Berlino era caduto nel 1989 e un altro cantautore visionario e poeta aveva anticipato uno scenario, sempre con un ideale morto di mezzo: era Fabrizio De André con La domenica delle salme, in cui cantava: «I venditori di saponette mettevano pancia verso Est, chi si convertiva nel 90 ne era dispensato nel 91».
Se tutti erano d’accordo sul fatto che i paesi dell’Est vivessero in dittature, alcuni pensavano che questa euforia dei nuovi mercati da conquistare fosse una folle corsa verso l’autodistruzione e mettesse in secondo piano i veri ideali di libertà per i quali i popoli di quei paesi avevano lottato. Ma questa è soltanto una nostra interpretazione.
Nord, sudovest, est e il vero boom del fenomeno 883
Tu che scendi bella come non mai, sono anni che sognavo ‘sta storia lo sai, ho il cuore che mi rimbalza in bocca lo sai e tu con quel body a balconcino che ti tiene su un seno che così non s’era mai visto prima…
Qui invece il messaggio è davvero vita vissuta di provincia: la strofa top di Sei un mito sintetizza il singolo bomba di questa realtà musicale. Evoca immagini legate ai primi appuntamenti, alla ragazza che ti dice sì quando ormai avevi gettato la spugna. Insomma emozioni efficaci, messe in musica in maniera semplice e vicina a tutti.
Ovviamente i puristi di allora, e forse anche di oggi, storcevano il naso e definivano la musica del duo “Max Pezzali e Mauro Repetto” troppo commerciale e di basso livello. Invece anche dietro a queste prime produzioni il livello qualitativo era quasi maniacale e la ricerca dei suoni e gli arrangiamenti sono di quel genere che mette a tacere anche il critico più feroce.
Un’altra caratteristica innovativa degli 883 fu l’utilizzo particolare degli accenti nelle parole delle canzoni dove, per necessità metriche e, forse anche per vezzo, si inventa uno stile poi adottato da altri artisti italiani.
L’addio di Mauro Repetto e la carriera solista
Gli anni d’oro del grande Real, gli anni di Happy Days e di Ralph Malph, gli anni delle immense compagnie, gli anni in motorino sempre in due,
gli anni di che belli erano i film, gli anni dei Roy Rogers come jeans, gli anni del qualsiasi cosa fai tranquillo siam qui noi…
Dopo il successo di Nord Sudovest Est Max Pezzali e Mauro Repetto si separano. Repetto prova una carriera, a dire il vero poco fortunata, nel cinema, mentre Pezzali prosegue nel suo percorso musicale dapprima mantenendo il nome 883 per poi virare direttamente sulla sua personale figura.
Gli anni è un pezzo che rappresenta, anche a livello di scrittura, una delle vette maggiori dell’autore lombardo e fa anche emergere storie di ragazzi, la malinconia della fine delle amicizie e una sorta di spleen legato al tempo che passa.
Più si guarda indietro rimpiangendo, appunto, “quegli anni” più forse Max Pezzali ritrova il desiderio tipico della generazione X di sembrare più giovani di quello che si è. Come dice in questa intervista a Le Iene.
In molti all’epoca, pensavano che il divorzio tra Mauro e Max avrebbe segnato il tramonto del fenomeno 883. Invece la vena creativa del secondo non si è esaurita: il fenomeno Pezzali è andato avanti nel suo percorso artistico che, ancora oggi, lo vede ben attivo sulla scena musicale italiana.
Semplicità anche nel porsi con la gente
La forza del cantautore pavese sta nell’esser restato un ragazzo dentro. Niente atteggiamenti da star o da rocker maledetto e sempre un occhio di riguardo verso il suo pubblico. Tanto da farlo restare meravigliato di fronte ai fan durante i concerti di oggi.
Che non sono mai deludenti nonostante, va detto, non ci si trovi di fronte a una voce pazzesca. Che, però, risulta più che caratteristica e più che mai riconoscibile.
Il tempo passa, ma la voglia di raccontare no
Difficile raccontare ai millennial impazienti una storia artistica iniziata nel 1992. Ma ad ascoltare il nuovo singolo di Max Pezzali (In questa città) ci si accorge che il suo fattore nostalgia racconta e sintetizza da solo la storia. Le atmosfere che questo pezzo racconta, ancora una volta, sono lo spaccato emotivo di Max. Che ondeggia tra i ricordi e il presente e che riesce sempre a strappare un sorriso, forse malinconico, ma pur sempre un sorriso. La generazione X, ma anche moltissimi millennial, devono ringraziare Max Pezzali e i suoi giga di memoria degli anni 90.
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