Sanremo e le cover: una serata sorprendente
La serata del festival di Sanremo dedicata alle cover è da sempre quella più interessante, quella nella quale la musica – almeno per una serata – non è l’ultima cosa che conta
Non se ne può più
Non se ne può più. Non se ne può più del Festival della Canzone Italiana, per tutti il Festival di Sanremo, che quest’anno dall’11 al 15 febbraio 2025 celebra la sua 75esima edizione. Non se ne può più non del Festival in quanto tale, ma di tutto quello che gli gira intorno. In ordine sparso: le domande totalmente ipocrite e retoriche in conferenza stampa sui baci da mandare alla Presidente del Consiglio o se ci si senta antifascisti, dei presentatori da pre e dopo-festival, che non hanno ancora capito che fare il verso a David Letterman, Jimmy Fallon e Ricky Gervais equivale a bestemmiare in chiesa, a porsi come un giocatore del Real Madrid quando non si nemmeno come sia fatto un pallone, non se può più del gossip di quart’ordine e dei retroscena sulla collana di Tony Effe, dei dissing di Fedez, dei giornalisti accreditati che vanno a caccia di selfie con chiunque ostentando il pass come se fosse un passaporto diplomatico e di tutto il resto. Perfetto e impeccabile in tutto questo caos a tenere il punto Carlo Conti, nel ruolo del bravo presentatore di Arboriana memoria, chirurgico nei suoi interventi, preciso come un cronografo svizzero, senza alcuna concessione alla retorica e con un tono di voce da medico condotto che è il tono più adatto per uno spettacolo televisivo come il Festival.
Viva le cover
Sanremo è un prodotto ad uso e consumo della tivù – della Rai in particolare – ma sa riflettere alla perfezione lo stato attuale della discografia italiana, in un mercato molto locale dove dominano gli evergreen, i trapper ed i reduci dai talent show e ovviamente il numero dei follower sui social: in quest’ottica il cast dei 29 partecipanti all’edizione di quest’anno è stato calibrato come era fisiologico accadesse. Altrettanti salti mortali sono stati fatti per la serata di venerdì 14 febbraio, quella dedicata ai duetti ed alle cover, dove non tutti hanno saputo fare la scelta giusta, anche perché prima di avventurarsi nell’eseguire brani di Simon & Garfunkel e Alicia Keys sarebbe stato meglio pensarci non una ma dieci se non 100 volte. Clara e Serena Brancale, la prossima volta meglio volare un po’ più basso.
Se per alcune esibizioni il destino era già scritto, altre invece hanno saputo guardagnarsi una sufficienza più che piena, al netto delle tifoserie presenti al Festival e che applaudivano a prescindere. Chi si sarebbe aspettato ad esempio una performance molto pulita da parte di Tony Effe, che insieme a Noemi – entrambi in gara – hanno cantato “Tutto il resto è noia” di Franco Califano. Bravo Tony Effe a stare nel suo, anche nel look da Tony Montana in Scarface, quasi a rappare il testo, a non avventurarsi nel canto, compito quest’ultimo lasciato a Noemi. Oltre a “Sesso e Samba” c’è davvero di più in Tony Effe e ci fa hanno piacere scoprilo nella serata delle cover.
Molto bravo anche Lucio Corsi – a parte insistere in un make-up da Marylin Manson de noantri – nell’atipico duetto con Topo Gigio dedicato a “Nel blu dipinto di blu”: l’artista c’è tutto, uno dei pochi che dà tutto sé stesso sul palco e non necessita di altro. A Gaia con Toquinho va il voto più alto, per quanto ci riguarda: la loro esecuzione di “La voglia, la pazzia” di Ornella Vanoni è stata un manifesto di come si dovrebbe cantare una cover: omaggiando l’orginale, eseguendola con una perfezione assoluta, ma aggiungendo quel tocco in più che se non si ha, non ce lo si può dare. Se poi si è affiancati per non dire accompagnati da un maestro come Toquinho, la direzione che si prende è da subito quella giusta. Molto bene davvero.
Chiudiamo con le ultime due esibizioni che abbiamo seguito: Giorgia e Annalisa c’hanno provato e si sono anche impegnate – soprattutto Giorgia – con “Skyfall”, ma competere con la voce originale di Adele è una mission impossible per chiunque al mondo o comunque accessibile soltanto per un’elitè ristrettissima che non abbiamo visto a Sanremo, né stasera né quasi mai. Altrettanto ardita la missione intrapresa da Simone Cristicchi e la sua compagna Amara con “La Cura” di Franco Battiato: in questo caso prova ampiamente superata, grazie anche al prezioso contributo di Amara che ha aperto il pezzo cantando in aramaico, grazie ad un duetto finalmente ben coordinato ed affiatato e all’accompagnamento dell’orchestra, capace di stare al suo posto come non sempre questa sera ha saputo non ha voluto fare. Anche loro va il nostro sentito plauso. Tutto questo accadeva sino alle 23.30 di venerdì 14 febbraio 2025. Anche per quest’anno può bastare così, prima di dover sentire l’ennesima battuta di Geppi Cucciari che non avrà fatto ridere nemmeno stavolta e di vedere un Johnson Righeira in stato di grazia – autentico Johnny Rotten italiano – trascinare letteralmente di peso i Coma Cose mentre provavano a cantare “L’estate sta finendo”.
foto d’apertura: Gaia – crediti: Michele Perna
foto di chiusura: Cristicchi e Amara – crediti: Giorgio Amendola