Perché Sanremo è sempre Sanremo. Ovvero un reality show

13 Gennaio 2021
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Tutto quanto faccia notizia, se non spettacolo.

Questa è la logica che da anni muove e smuove il Festival della Canzone Italiana, noto a tutti come il Festival di Sanremo. Siano le polemiche scatenate da quello che i cattivi in servizio permanente ed effettivo hanno definito «una pessima imitazione di Oscar Wilde», ovvero Marco Castoldi in arte Morgan, siano le voci sugli Abba (un genio del male chi li ha associati ai Ricchi e Poveri) e Ibrahimovic special guest, piuttosto che l’idea avanguardistica di mettere in quarantena su una nave il pubblico del festival, quest’anno programmato da martedì 2 a domenica 6 marzo.  

Sanremo è un reality show

Non c’è niente da fare, Sanremo è un reality show prima che lo inventassero. Un inno al trash sdoganato e celebrato in più sedi e che coinvolge i millennial, più di qualunque altro target, con i terrificanti gruppi d’ascolto sui divani e le chat di gruppo, per tacere dei social dove agli ultras senza fissa dimora non sembra vero di potersi scannare per le nuove proposte o per la presenza di Orietta Berti e dell’accoppiata Michielin e Fedez.

Un casting sempre perfetto, calibrato come nemmeno la miglior versione del Manuale Cencelli avrebbe saputo fare, alla faccia della durata delle singole serate che si trascinano sino a notte fonda e del dopofestival dove si cerca di fare i simpatici sempre e comunque ottenendo scientificamente l’effetto contrario. Il tutto supportato da una macchina organizzativa e comunicativa di grande livello, con il colpo di genio delle larghe intese e della pax televisiva da anni siglata tra Rai e Mediaset proprio per Sanremo.

Sbaglia chi si adira contro il festival per la sua qualità delle canzoni in gara: la musica, a Sanremo, è l’ultima cosa che conta. E va benissimo così, anche e soprattutto in una fase nella quale i talent hanno ormai esaurito la loro missione. Senza dimenticare che un paio di ospiti stranieri possono bastare e avanzare per dimenticare le canzonette che riciclano all’infinito il tris “sole, cuore, amore”

 

Sanremo è l’Italia ben la rappresenta

Sanremo è l’Italia e la rappresenta al meglio. Anche in questo suo procedere come se niente fosse nonostante ogni giorno la politica lanci allarmi su terze ondate pandemiche (come se la prima si fosse mai esaurita) e i colori delle Regioni cambino con la stessa velocità e la stessa logica di una pallina impazzita della roulette. Un navigare a vista che fa capire soprattutto una cosa: niente vaccinazione di massa, niente assembramenti.

Questi ultimi rinviati, nella migliore delle ipotesi, a questa estate. Sia chiaro, non si tratta di un problema soltanto italiano, non si tratta di un problema soltanto di Sanremo. Qualcuno però spieghi al direttore artistico del Festival Amadeus e ai manager Rai che i Brit Awards sono stati programmati a maggio invece che a febbraio, che i Grammy Awards sono stati rinviati a marzo, gli stessi Oscar si svolgeranno il 25 aprile invece che a febbraio.

Tutto il mondo rinvia festival ma non in Italia

Tutto il mondo continua a rinviare le manifestazioni come un criceto che corre a vuoto dentro la sua ruota, inseguito da un nemico ahinoi noto e nemmeno troppo invisibile. Da noi si continua a far finta di niente, a ipotizzare come accennato di confinare il pubblico su una nave da crociera, senza che nessuno si prenda la briga di smentire, anzi…

Un’idea che paradossalmente ha la sua logica, visto che il Festival ha senso quasi esclusivamente per il circo equestre che gli si monta intorno, sia grazie ai media sia grazie ai fan che assediano il Teatro Ariston per una settimana abbondante. La massima che viene spesso citata per i Governi, vale anche per i Festival? Ogni paese ha quelli che si merita?

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