Tutte quelle cose strane che fai, ti alzi presto e fai yoga alle sei. L’amore Millennial secondo gli «È»

22 Giugno 2020
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Sapete quale è l’aspetto della musica che preferisco? Che non c’è niente da dire a riguardo. Un pezzo piace o non piace, entra in testa oppure no. La musica è estremamente democratica in quanto è sempre e solo il pubblico che determina il successo di una canzone. Diciamo che uno sconosciuto qualunque può esordire e l’anno dopo essere ai Grammy Awards come Billie Eilish o Gaga se ha un buon singolo.

Detto questo c’è da osservare che siamo pieni di musica. Non oso immaginare quanti dischi, singoli e tentativi di sfondare escano in un anno e mi sono fatto un’idea di quale atroce mondo sia quello dell’industria discografica leggendo Uccidi i tuoi amici di John Niven (un romanzo Einaudi moooolto Millennial), quindi non è facile emergere.

Con questa premessa mi approccio agli È per caso. Non sono un precisino ma una critica la devo fare. Non credo che esista un nome più sbagliato nel 2020 di È visto che se digiti questa lettera sui motori di ricerca non succede niente e se sei così ardito da aggiungere l’aggettivo “musica” sulla stringa di Google, trovi Musica è di Eros Ramazzotti. Ma sorvoliamo.

Gli È sono un duo di “eclettici e nuovi romantici”, come si autodefiniscono Leonardo e Simone aggiungendo una descrizione che voglio citare per intero: «mare, scogli, isole, neorealismo, Milano, la Apple, il minimalismo estetico, il barocco e il lusso, gli strumenti e gli emulatori, il pianoforte e il computer». Queste poche righe, ardite e sfrontate, sono tuttavia oneste. Simone e Leonardo sono questo e ce lo dicono con un unico pezzo pubblicato. Un singolo in pratica. Mi piace come scelta.

Si tratta di Tra il dire e il fare, canzone manifesto spiegata bene ancora dai due (in uscita venerdì 26 giugno), che sanno usare le parole e nella pagina web promettono: «il fine definitivo è la canzone pop, intesa come brano iconico, complessa nella sua semplicità e con grande forza comunicativa».

Il pezzo inizia con un riff dolce di pianoforte, mixato bene, sorprendentemente bene. I ragazzi sono figli del loro tempo, di Tommaso Paradiso e dei Baustelle, della musica italiana degli ultimi trent’anni. Il testo dice tutto dell’amore secondo un millennial: «e tutte quelle cose strane che fai, ti alzi presto e fai yoga alle sei. Milano è piena di coglioni lo sai, anche stasera forse non riuscirai». Devo ammettere che fino a questo punto ero rimasto colpito.

Ma il pop ha una chimica ben precisa. Si inizia con l’intro, si avanza nella strofa, a volte ci si concede il bridge, ma si approda sempre al ritornello. Il ritornello è la rovesciata con gol nel sette, il colpo da maestro, quello che rimane nella mente e nel cuore di chi ascolta. Si può immaginare che tutto il componimento nel pop sia un lungo intro al ritornello che può fare anche solo la la la ma deve entrarti dentro.

In Tra il dire e il fare il ritornello è ahimè il punto debole del pezzo perché Tommaso Paradiso lo posso tollerare, non mi appartiene ma per carità lo capisco, però ecco… quando si scivola negli Zero Assoluto mi prende male.

Il crescendo di piano e tastiere progredisce verso un giro in maggiore e a un cambio di batteria in quattro in cui la voce sovrasta tutto e appare troppo condizionata dalla pressione di fare un ritornello giusto. Il risultato è un po’ banale.

Ma io sono un trentottenne snob, maschio e su certe cose vedo bianco o nero. Così ho scritto a mia cugina, una splendida ventunenne che si definisce “solare, generosa e ambiziosa” e che ama Venditti e Vasco e le ho chiesto un parere. Giuro su Dio che mi ha risposto così: «La base musicale è accattivante. Punterei di più sulla vivacità nel ritornello visto che è la parte che più ti rimane in testa. Nel complesso è molto carina!».

Vedete? La musica è roba semplice, una scienza esatta.

 

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