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Con Il libro di Talbott Palahniuck ha scritto un 1984 per Millennial

8 Maggio 2019
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“Charlie sa bene qual è il problema. Evidentemente la razza bianca aveva imparato a sublimare i suoi impulsi sessuali. Aveva imparato a posporre la gratificazione e inventato le luci elettriche e le mammografie e la botanica invece di limitarsi a farsi le seghe guardando roba porno o a impalare giovani slandre che ne avevano voglia. Il risultato era stato che i bianchi – maschi, perlopiù, a dirla tutta – avevano creato la tecnologia e si erano guadagnati i lussi di una civiltà perfetta in cui vivevano. Il problema era che i maschi delle altre razze non avevano sublimato come si deve e che anzi avevano continuato a scoparsi qualunque figa a disposizione, AIDS o non AIDS, herpes o non herpes, sfornando neonati a tutto spiano. Insomma i bianchi avevano rinunciato ai bambini pur di garantirsi le royalties su tutto ciò che c’era di buono”.

Oppure

“Per un po’ i responsabili americani erano riusciti a contenere il potenziale esplosivo di questa santabarbara umana somministrando Ritalin ai bambini. E a quel punto la pace era arrivata seppure sotto forma di videogame e pornografia, subdolamente diffusi da imprese al soldo del governo”.

 

Illuminante e delirante

Dovrebbero bastare questi due passaggi presi a caso per convincervi a leggere Il libro di Talbott, l’ultimo romanzo di Chuck Palahniuck,, ma so che nessuno di voi lo leggerà. Avete troppa fretta e nonostante due ganci così persuasivi non ce la fareste mai ad arrivare all’ultima delle 358 pagine del libro. Siete affetti da un disturbo dell’attenzione di cui non vi curate e ridete e ridete e fate like a tutte le cagate. Peccato, perché per certi versi questo testo potrebbe essere il 1984 dei Millennial e non è una citazione a caso.

Il libro di Talbott parla di una carneficina ai vertici della società avvenuta negli Stati Disuniti a opera di piccoli gruppi organizzati col passaparola online. C’è un sito, una lista dell’impopolarità che tutti possono compilare. Chi ha più voti: muore.

Il giorno dell’Aggiustamento, così è chiamato il momento in cui scoppia la carneficina (dettagliata e delirante in stile Palahniuck), mira a ridistribuire geograficamente e gerarchicamente il popolo in base a razza e gusti sessuali. Perché convivere tutti assieme forzatamente? Nascono Blacktopia per gli uomini di colore, Gaytopia per i gay e Caucasia per i bianchi. Via i neri dal Michigan, via i bianchi dalla Lousiana, non sono i loro ambienti naturali. Un delirio totale. Divertente, sovversivo, scostumato. Proprio come dovrebbe essere un libro generazionale.

Però.

Mi chiedo a cosa servano ormai i libri, chi possano più influenzare, chi siano i lettori e cosa succeda in loro dopo aver letto. Ricordo che prima dell’era digitale i libri ci sconvolgevano, ci influenzavano molto, erano pilastri del nostro pensiero. Oggi dei libri so solo che sono milioni, che escono ogni giorno e che in pochi li leggono.

L’altro giorno ero all’Autogrill e tra il tanto ciarpame ho visto un libro di Pif. Cazzo… pure Pif. Chi cazzo lo leggerà mai un libro di Pif? Nessuno amico mio. Nessuno. Nemmeno sua mamma forse. Lo ha pubblicato per essere presente anche in quel settore del mercato: è impossibile che dentro ci abbia scritto qualsiasi cosa di significativo.

Chiunque, anche i porci, oggi pubblica un libro. Come se l’editoria avesse deciso di sotterrarci con la carta. Per reazione nessuno legge. Oggi è tutto video, serie (che amo), contenuti brevi, lampi. In tutto questo la lettura va in crisi. Della letteratura non parliamone nemmeno… non esiste più.

C’è da implorarla, la gente, per farle leggere due cartelle. Scrivi su internet e devi menartela di stare corto perché la gente si annoia.

Beh, vaffanculo la gente!

Tanto se lo scrivo a questo punto del pezzo nessuno lo leggerà perché si sarà già annoiato e sarà andato a fare like ai gattini o a dei video degrado.

Scrivi meno! Me lo diceva sempre un mio ex caporedattore, una vera testa di cazzo che poi è andato a dirigere qualche scuola di creativi testedicazzo. Era uno che pubblicava libri ed erano orrendi proprio perché non ne aveva mai letto uno in vita sua. Scriveva solo per figurare come scrittore e avere vari pass per livelli sociali più alti, raggiungere piccole fette di notorietà e avere solidità economica. Il che va bene, ma lui nemmeno godeva a scrivere e non aveva stile. Così come nella vita.

Chuck invece ha il suo stile. Il libro di Talbott sembra roba figa di Philip K. Dick o di un Burroughs particolarmente lucido, sembra pure Houellebecq ma più allegro e ha una certa spinta. Provo un po’ pena per lo scrittore, per la paura che venga ricordato solo per un film tratto dal suo Fight Club, ma alla fine è solo una menata, perché il suo messaggio è arrivato. Quello contava.

Se la scrittura per alcuni è ancora militanza, Chuck Palanhiuck è un vero agitatore sociale, uno intelligente, un casinista e leggerlo mi fa sentire che i libri servano ancora a qualcosa, mi fa sentire parte di un piccolo segreto, di un rituale solo mio, mi fa essere meno solo e mi fa venire voglia di condividere qualcosa coi miei amici.

Adesso la Mondadori dovrebbe cominciare a mandarmi i libri gratis dopo un pezzo del genere. Ma dubito che anche loro siano arrivati in fondo al pezzo.

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