La pizza, alta o bassa, scrocchiarella o morbidosa, è sempre la pizza. Lo sa bene anche Cristiano Cavina, autore de La pizza per autodidatti, breve compendio che teorizza filosoficamente sul bene italico che unisce tutti.
La pizza infatti non è un cibo ma una religione: ha un suo santuario, il forno a legna, il suo celebrante, il pizzaiolo esperto, e dei fedeli devoti, tutti noi che al sabato ma anche al mercoledì e venerdì consumiamo pizza come se non ci fosse un domani.
Cavina, da bravo scrittore ma ancor prima bravo pizzaiolo, non solo ci spiega come ottenere una buona pizza anche a casa ma, La pizza per autodidatti, tratteggia pure la fenomenologia del consumatore medio.
Innanzitutto c’è la differenza tra le donne e gli uomini. Le donne sono quelle che davanti a un elenco di trentacinque pizze riescono a non trovarne una che le soddisfi, perciò di solito scelgono la pizza più complicata e la privano progressivamente di condimento per giungere a “mozzarella e pomodoro”. Scegliere direttamente una margherita no?
L’uomo invece vuole strafare. Se la pizza prevede provola, funghi, pomodoro, pancetta e ricotta lui ci aggiungerà pure del salamino piccante e gorgonzola, non sia mai che risulti scondita!
Tra tutti questi c’è però una categoria a parte, quella dei puristi. Costoro dovunque vadano, con chiunque si trovino, in qualunque stagione prendono sempre e solo la Margherita. Ecco, questi sono secondo Cavina gli illuminati, coloro che hanno raggiunto il nirvana gastronomico e che nessuno potrà mai privare della felicità, tranne forse la pizza con l’olio di semi cosparso come condimento finale (esperienza personalmente provata).
Se poi siete anche temerari che fanno la pizza a casa troverete consigli utili per un’ottima infornata.
Non mi resta che augurarvi orge di pizza a volontà oggi, ieri e domani, se condite con qualche libro…meglio!
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