È la prima volta che a una ricercatrice italiana viene riconosciuta la Medaglia Dirac.
Si tratta di uno dei principali premi scientifici internazionali e a vincerlo è Alessandra Buonanno, scienziata italiana in Germania. La Medaglia Dirac premia la dottoressa Buonanno per le sue ricerca alla base della rilevazione delle onde gravitazionali. Oltre a essere la prima italiana, Alessandra Buonanno è anche la seconda donna in assoluto a ricevere questa onorificenza. Insieme a lei, sono stati premiati anche i fisici Saul Teukolsky, Thibault Damour, e Frans Pretorius.
Cosa ha fatto Alessandra Buonanno
Cosa ha fatto Alessandra Buonanno? Molte cose degne di merito. Innanzitutto, la sua ricerca ha permesso di comprendere meglio le onde gravitazionali. In particolare, la Buonanno ha stabilito le proprietà delle onde prodotte quando due stelle o due buchi neri ruotano uno attorno all’altro per poi fondersi. Fico, eh?
Il lavoro teorico delle Medaglia Dirac di quest’anno è fondamentale per interpretare osservazioni sofisticate. Si tratta di una verifica circa l’accuratezza della teoria della relatività di Einstein. Ai non appassionati basti sapere che è uno straordinario tributo al meraviglioso potere della nostra comprensione teorica della natura.
Alessandra Buonanno dà lustro al nostro Paese
Alessandra Buonanno dà lustro al nostro Paese, secondo Mario Draghi. Non si attardano infatti le parole del presidente del Consiglio. Appresa con grande soddisfazione la notizia dell’assegnazione Dirac a una ricercatrice italiana, Draghi fa immediatamente le sue congratulazioni. «Un importante riconoscimento che dà lustro al nostro Paese nell’ambito della ricerca scientifica», dichiara il premier.
Che la Medaglia Dirac alla Buonanno ispiri le giovani studentesse, è una speranza condivisa. Che quelle stesse studentesse possano auspicare alla fama e ai riconoscimenti dei loro colleghi maschi, è un’utopia.
L’Effetto Matilda è ancora dietro l’angolo
È proprio nella soddisfazione di un riconoscimento di questo tipo che si comprende quando in realtà raro e occasionale come avvenimento.
L’Effetto Matilda è il mancato riconoscimento, specialmente in campo scientifico, del risultato del lavoro di ricerca compiuto da una donna. Storicamente, i risultati scientifici vengono in tutto (o in parte) attribuiti a un uomo. Se questa cosa appare ormai datata, è invece un dato di fatto attualissimo e sempre in auge. Nel 2021, in campo scientifico, le donne sono ancora una volta lasciate in disparte. Non dimenticate, ma guardate come strani animali capaci, ogni tanto, di imprese eccezionali.
L’Effetto Matilda: perché si chiama così?
La prima a descrivere questo fenomeno è stata la storica della scienza Margaret Rossiter, nel 1993. A sua volta, la Rossiter faceva riferimento all’attivista statunitense per il suffragio femminile Matilda Joslyn Gage. Quest’ultima, autrice di numerosi scritti filosofici e socio-antropologici.
La Rossiter ha analizzato oltre mille articoli pubblicati fra il 1991 e il 2005 su diverse riviste scientifiche. L’Effetto Matilda è apparso evidente come ipotesi di ricerca: gli studi realizzati da scienziate hanno avuto meno citazioni rispetto ad analoghi lavori realizzati da colleghi uomini.
È bastato comparare alcuni studi per accorgersi che ogni dieci citazioni maschili, ne corrispondevano solo due femminili. Ma d’altronde la matematica non è cosa per ragazze, e quindi anche l’Effetto Matilda è passato in secondo piano.
Esempi clamorosi di Effetto Matilda
A sostegno di questa ipotesi, citiamo alcuni esempi clamorosi di Effetto Matilda. Rosalind Franklin, chimica e biochimica britannica (1920-1958) condusse un importante lavoro di ricerca sulle immagini di diffrazione a raggi X del DNA. I suoi studi portarono alla scoperta della doppia elica. James Dewey Watson e Maurice Wilkins utilizzarono i dati per formulare l’ipotesi riguardo la struttura del DNA, nel 1953. Quanto si scoprì in seguito dimostrò che era effettivamente la Franklin ad aver individuato la forma a elica del DNA. Tuttavia non valorizzarono mai il suo lavoro come quello dei colleghi maschi, che infatti vinsero il Nobel nel 1962.
Alice Augusta Ball (1892-1916) scoprì il più efficace trattamento possibile contro la lebbra. La terapia da lei messa a punto prevedeva una tecnica per isolare gli ingredienti attivi dell’olio di chaulmoogra e renderli iniettabili. Il suo metodo si rivelò subito molto più sicuro di qualsiasi altro trattamento per la lebbra disponibile all’epoca. Purtroppo, la Ball morì senza poterlo mettere a punto, e senza brevettarlo. Il presidente dell’Università nella quale la ricercatrice conduceva la sua ricerca si prese il merito e tutti i guadagni della scoperta. Soltanto negli anni ’70 due professori dell’Università delle Hawaii, Kathryn Takara e Stanley Ali, ricercarono negli archivi le prove dell’ingiustizia intellettuale e riuscirono a mostrare gli sforzi e i successi (mai riconosciuti) della ricercatrice.
Chiude la triade delle vittime più famose dell’Effetto Matilde la dottoressa Mileva Marić, la prima moglie di Albert Einstein. La prima ragazza in assoluto ad aver studiato al liceo di Zagabria, e la quinta donna nella storia iscritta al Politecnico di Zurigo. Mileva ha collaborato in maniera decisiva alla stesura dei lavori sulla teoria della relatività, e diverse voci di corridoio confermano che la prima versione degli articoli più famosi di Einstein fossero effettivamente firmati “Einstein-Marić”. Tuttavia, questi manoscritti sono andati perduti e, insieme a loro, la speranza della Marić di veder riconosciuto il suo contributo alla scienza.
Leggi anche:
Stipendi in Italia: ecco chi sono i “dimenticati”
Le millennial sono le più colpite dalla violenza sulle donne
Samira è stata costretta dal marito a non partecipare ai mondiali di Cortina