L’insostenibile inutilità di ItsART, “la Netflix italiana”

17 Gennaio 2021
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Probabile che anche questa iniziativa “parastatale” finisca in niente, si spera senza troppo spreco di denaro pubblico.

Di certo in una fase alquanto critica per il presente e per il futuro di cultura, musica e intrattenimento italiani, la notizia della nascita di ItsART, definita dal ministro Dario Franceschini “la Netflix della cultura italiana” non è di quelle che aiutino a guardare avanti con particolare ottimismo, visti i precedenti in materia. Valga per tutti la triste esperienza del portale Italia.it, costato decine e decine di milioni, come fedelmente riportato da Wikipedia.

ItsART, non se ne sentiva la mancanza

Meglio non chiedersi quanti millennial si sono mai affidati ad Italia.it e quanti pagheranno per accedere ad ItsART. Senza voler mancare di rispetto all’iniziativa, non se ne sentiva davvero la mancanza.

ItsART è una spa partecipata al 51% da Cassa Depositi e Prestiti e al 49% da Chili tv. Il sito è on line con una home page di benvenuto e due indirizzi mail: content@itsart.tv per inviare proposte di contenuti e manifestazioni culturali e press@itsart.tv per l’ufficio-stampa: il modello di business, più che sugli abbonamenti stile Netflix, dovrebbe puntare sugli eventi on demand. Se abbiamo capito bene, ItsART sarà una piattaforma dove proporre mostre, spettacoli e concerti facendo pagare chi volesse assistere agli streaming.

ItsaART, perché non pensare subito alla Rai?

Tutto bene? Per niente. In che cosa consisterà la library? Materiale d’archivio o produzioni ex novo? Chi si occuperà di raccogliere i contenuti, selezionarli, produrli? La rete è piena di portali che offrono materiale infinito, senza dover andare per forza a cercarlo tra i top player (Sky, Neflix, Prime): basti pensare alla ricchissima library di Raiplay.

“Il progetto è aperto ad una futura collaborazione con la Rai” si legge nelle note d’agenzia: politichese allo stato puro, sarebbe stato interessante sapere perché non sia pensato subito alla tv di stato e alla sua struttura, se non già pronta quanto meno molto ben avviata. Non è retorica: nel dopoguerra la Rai ha davvero contribuito ad unire il paese e più prosaicamente ha insegnato l’italiano agli italiani. Grave non ricordarserlo e buttarsi in nuove improbabili avventure. 

 

Nel 1974 (!!!) la Rai era capace di produrre uno show come Milleluci e sfornare una performance come quella epica di Adriano Celentano e Raffaella Carrà e che condividiamo con grande piacere. Davvero non meritava di essere presa in considerazione per un progetto del genere? Senza dimenticare il contributo che potrebbero dare in materia autentici gioielli come Sky Arte e la stessa arte, la rete televisiva franco-tedesca, disponibile in italiano anche tramite app.

Quest’ultima è un vero e proprio modello di servizio pubblico, al quale sarebbe stato cosa buona e giusta a suo tempo partecipare o comunque prendere esempio. Anche stavolta si è deciso di prendere una strada, se non sbagliata, che non porterà da nessuna parte? Saremo ben lieti di essere smentiti, ma troppi precedenti statali e politici non inducono a professarsi particolarmente ottimisti. 

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