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La vera storia della Uno bianca, una docufiction per chi nel 1994 era un bambino

29 Novembre 2021
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Per tutti quei millennial che sono cresciuti ascoltando in sottofondo le cronache drammatiche delle scorribande della Uno bianca. E che ne hanno un ricordo sbiadito.

E anche per tutti i genZer che vogliono ovviare alla totale assenza di storia recente nei programmi scolastici. Raidue presenta in prima serata il 29 novembre 2021 una docufiction definitiva su quella terribile escalation di rapine e omicidi che ha terrorizzato l’Emilia Romagna e le Marche dal 1987 al 1994.

Eva Mikula oggi.

Per il ciclo Crime Doc targato Rai Documentari La vera storia della Uno Bianca, (coproduzione Rai Documentari e Verve Media Company) racconta 24 omicidi e più di cento feriti. E sette anni di indagini che hanno portato alla sconvolgente scoperta dei colpevoli, uniti in una banda di poliziotti che usavano il loro ruolo e il loro potere per non essere scoperti.

La parola fine è stata scritta dalla questura di Rimini, grazie agli agenti Luciano Baglioni e Pietro Costanza, insieme al giudice Daniele Paci, con tutti i componenti condannati.

La mini docuserie tv (due puntate) ripercorre la storia della banda che la stampa identificò con una delle auto più comuni allora, la Fiat Uno bianca. Un mezzo diffuso e usato spesso per non dare nell’occhio dalle forze dell’ordine in borghese e dai servizi segreti.

Chi erano quelli della banda della Uno bianca?

Su sei persone che erano parte attiva della banda, cinque erano appartenenti alla polizia di Stato. Le condanne sono state dure, soprattutto per i tre fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi, Marino Occhipinti, e Pietro Gugliotta, mentre Luca Vallicelli, componente minore della banda, patteggiò una pena di tre anni e otto mesi.

Fu un caso anche il risarcimento stabilito dai giudici che impegnava lo Stato italiano a versare ai parenti delle vittime, la somma complessiva di diciannove miliardi di lire.

Poi c’è la storia di Eva Mikula, allora descritta come la pupa del boss Fabio Savi. Su di lei i giornali avevano costruito storie suggestive. Il personaggio si prestava allo stereotipo femminile delle crime story più note: bionda, sexy e tormentata. Ma dopo 4 processi in Corte d’assise, 2 in appello e 1 in Cassazione è riuscita a dimostrare la sua estraneità ai crimini.

A ripercorrere la sua storia, drammatica fin dall’infanzia è il cronista investigativo Marco Gregoretti che la scorsa estate ha raccolto la testimonianza di Eva Mikula in una autobiografia piena di aspetti inediti dal titolo Vuoto a Perdere (edizioni Il Ciuffo). Ne abbiamo parlato qui.

Marco Gregoretti è, insieme agli altri cronisti che si sono occupati della banda della Uno bianca, uno dei giornalisti testimoni di quegli anni insanguinati. Le loro voci sono state raccolte da Marina Loi e Flavia Triggiani, co-autrici e alla regia assieme ad Alessandro Galluzzi.

La parola alle vittime della banda

Nella serie parlano in tanti, alcuni per la prima volta. Accanto ai due poliziotti Baglioni e Costanza, ci sono i racconti di chi è sopravvissuto agli attentati della banda. Come Luca Di Martino e l’allora giovanissima agente Ada Di Campi, poliziotta vittima di un agguato.

Tra le voci, la docuserie raccoglie anche quelle dei dubbiosi, di coloro che vorrebbero si andasse oltre la verità processuale. Perché c’è chi è convinto che la vicenda della banda della Uno bianca non sia ancora conclusa dopo 30 anni.

E se la curiosità vi spinge a chiedervi che fine hanno fatto i fratelli Savi e gli altri della banda della Uno bianca, tranquilli, la docuserie ne ha anche per voi. In particolare su Fabio Savi, che dal carcere di Bollate scrive ai familiari delle vittime. Ma non spoileriamo oltre.

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