Il periodo del lockdown ha messo a dura prova tutti e ci sono anche tanti personaggi noti che, essendo umani, possono avere problemi e malattie.
Vanessa Grey, all’anagrafe Vanessa Pugliese, è una speaker/cantante che, proprio in quei maledetti mesi, se l’è vista brutta. Ma ha saputo reagire con energia e forza d’animo. Ora ha voglia di raccontare tutto, perché la storia è a lieto fine ed è un esempio per chi non vuole smettere di lottare.
Siamo andati a conoscerla.
Ti senti più speaker o cantante?
Tutto è iniziato cantando. L’attività da speaker è arrivata dopo, ma ormai sono una cantante/speaker speaker/cantante e mi piace talmente tanto che farei fatica a scegliere.
Che cosa vuol dire per te condividere il microfono con un’icona della radiofonia come Gianni Riso?
È fantastico. Sto avendo il privilegio di conoscere storie legate al mondo della radio che risalgono agli albori.
Tu puoi perfezionarti, puoi studiare finché vuoi, ma poi ti confronti con un totem del genere e ti rendi conto che ci sono cose, situazioni ed esperienze che puoi conoscere solo se hai la fortuna di lavorare con uno come Gianni.
Perché? Che cos’ha di speciale?
Al di là della stima che una speaker della generazione X può avere nei confronti di un gigante del genere, il bello è che ci siamo trovati. È nata un’alchimia che ci consente di interagire in maniera spontanea e non è una cosa così ovvia sai?
Per alchimia intendi quella magia che trasforma la giornata del tuo pubblico in fm, che riporta il buon umore, giusto?
Quando suona la sveglia alle 4.45 del mattino, sottolineo, 4.45 e non le 5, perché anche 15 minuti a quelle ore contano, molte volte non si è proprio in palla. Però poi arrivi in radio ti metti le cuffie e zac! Inizia la magia e la consapevolezza che sto facendo davvero ciò che mi piace. Mi sento libera di esser me stessa. Posso piacere oppure no, ma in radio sono veramente io. È una sensazione che rinnova la gioia di fare questo mestiere ogni giorno.
Quanto è stato difficile per te crescere nel mondo della radio?
Non è stato semplice. Dietro c’è stata una serie di riflessioni, di tentativi perché dovevo capire se c’era veramente posto anche per me. E tutto questo è costato lavoro, tenacia, porte in faccia.
Mentre studiavo all’Università, dove poi mi sono laureata in Economia Aziendale con ottimi voti, dicevo a tutti che lo studio era il mio hobby perché nel frattempo davo lezioni di canto, facevo la radio ed avevo le mie serate dove cantavo.
In definitiva ho sempre sentito tutto questo come una vocazione quindi ho sempre cercato di fare di tutto per poter dare vita a questo mio sentire.
Oggi mi sento tutto tranne che arrivata perché più vado avanti e più mi rendo conto che proprio in questo ambito non puoi sentirti arrivato, c’è sempre un tassello in più da mettere nel puzzle.
Quali sono le scelte che impone una carriera come la tua?
Poco dopo la laurea ho rifiutato un posto in una banca che aveva selezionato il mio curriculum, un altro in un’azienda regionale che mi aveva proposto un contratto a tempo indeterminato. Ho rifiutato tutto.
La mia strada era questa.
E la famiglia?
Di fronte a questi rifiuti mio padre mi ha dato della fuori di testa, benché, alla fine, fosse proprio lui a sponsorizzare, a dispetto della mamma, questa mia esuberanza artistica.
Faceva le ore piccole quando, ancora bambina, mi accompagnava alle varie manifestazioni alle quali partecipavo.
Quando hai deciso di cambiare aria, andare via dalla tua terra, la Calabria? Non hai avuto paura?
Beh, no.
La decisione di una svolta professionale è maturata nel tempo. Mi sono chiesta se fosse davvero quello che volevo fare. Lì non c’era la possibilità di crescere e così ho deciso di mollare tutto, serate, associazioni musicali, radio. Per trasferirmi a Milano. Il primo anno è stato durissimo.
Perché?
Questo primo anno è stato caratterizzato dal vuoto pneumatico. Zero serate, zero radio, e anche a livello di rapporti umani… poca roba.
Stavo finendo le mie risorse e ho cominciato a pensare di dover riprendere armi e bagagli per tornare indietro.
In situazioni così il primo pensiero che fai è: «Ho sbagliato tutto, ho fatto il passo più lungo della gamba».
Per il carattere che ho sarebbe stata una botta veramente dura da digerire. Pian piano, però, è arrivata Radio Bella e Monella, Radio Reporter e a cascata le prime serate. Ed eccomi qui!
Il lockdown è stato duro per tutti, ma per te un po’ di più, vero?
Puoi dirlo forte.
Nel pieno dell’epidemia Covid (e Milano non è stato proprio il posto più tranquillo in cui vivere in quei giorni) ho affrontare un polipo alle corde vocali. Ma poco prima mi ero sottoposta ad altri accertamenti. Avevo un neo tra le spalle che poteva essere un melanoma.
Quindi ora mi ritrovo anche una bella cicatrice, ma per fortuna, non era un melanoma. L’intervento alle corde vocali in piena emergenza sanitaria da pandemia non è stato proprio un divertimento. Dal punto di vista emotivo sono stati giorni davvero ingarbugliati.
Da sola, chiusa in casa e senza poter nemmeno parlare. Momenti di down incredibili alternati ad altri dove ero più carica e progettavo cose. Però poi tornava sempre lo spettro della voce e del chissà se potrò…
Certo è che poterla raccontare con un lieto fine e non è poco.
L’esperienza ti ha portato però anche a fare uscire Rituale, il tuo ultimo singolo, dove si evince anche quella voglia di vivere e provare spensieratezza…
Ma certo che sì. Dopo questi mesi duri tornare al mio lavoro, alle mie canzoni, a poter di nuovo parlare con la gente mi ha dato una carica difficile da contenere.
Sebbene non più tanto di moda, l’ultima domanda è, diciamo, rituale: progetti futuri?
Mi piacerebbe avere uno spazio televisivo dove poter presentare e cantare.
Chissà… (ok, ha qualcosa in ballo – ndr)
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