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Addio a Dražen Dalipagić, il re dei canestri

25 Gennaio 2025
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 Dražen Dalipagić, per tutti Praja Dalipagić, è deceduto il 25 gennaio 2025 dopo una lunga malattia. Con la nazionale jugoslava di pallacanestro ha vinto tutto quello che c’era da vincere e va considerato il migliore tiratore europeo della storia.

 Gli Jugoslavi nello sport sono sempre stati eccezionali: nel calcio erano soprannominati i brasiliani d’Europa, per il loro estro e la loro tecnica senza eguali. La sua nazionale di basket tra gli anni settanta e ottanta ha vinto tutto quello che c’era da vincere: Olimpiadi (1980), Mondiali (1978) ed Europei (1973, 1975, 1977), giusto per citare gli allori colti con Dražen Dalipagić in campo. La Jugoslavia avrebbe poi vinto gli Europei nel 1989, i Mondiali nel 1990, di nuovo gli Europei nel 1991, prima di dissolversi come nazione nel 1992 e quindi sparire anche nelle varie competizioni sportive, cedendo il passo – certo non in maniera indolore, anzi, e con almeno un paio di episodi sportivi ad altissimi tasso di drammaticità  – a Croazia, Serbia, Slovenia ed altre nazioni. Il resto è davvero storia.

Un autentico fuoriclasse

Dalipagić era alto 1 metro e 97 centimetri, il suo ruolo era quello di ala piccola e giocò per molto tempo in Italia a Venezia, Udine e a Verona. Il 25 gennaio 1987 – sì proprio il 25 gennaio di 38 anni fa – stabilì il record personale con 70 punti nella partita Giomo Venezia-Dietor Bologna. Coach Dan Peterson l’ha descritto meglio di tutti: “tiro micidiale, grande elevazione, intelligenza cestistica, super freddezza in campo”. Quando tirava in sospensione (saltando, per i non adepti della pallacanestro) era una sentenza: quasi impossibile sbagliasse, davvero non è retorica considerarlo uno dei più grandi tiratori di tutti i tempi. Il tutto frutto di un grande talento ma anche di tantissimo lavoro in palestra. Per lui l’allenamento iniziava dopo l’allenamento di squadra: ogni volta tirava da ogni posizione almeno 200 volte, ogni giorno che Dio mandava in terra. Talvolta anche dopo le partite. I Millennial conoscono benissimo Stephen Curry, il giocatore dei Golden State Warriors, capace di segnare da metà campo con la stessa facilità con la quale noi apriamo e chiudiamo il frigorifero. Ecco, Dalipagić era la stessa cosa: le sue statistiche non gli rendono del tutto giustizia, perché ha giocato dal 1970 al 1991 ma il tiro da tre punti è stato introdotto soltanto nel 1984. Nella Hall of Fame è stato eletto nel 2004, peccato non averlo mai visto giocare nella NBA.

 

 

Quando lo sport era propaganda di stato

Riavvolgiamo il nastro: anni settanta, cortina di ferro, lo sport per le nazioni del patto di Varsavia era la migliore propaganda e per un atleta appartenente al blocco comunista era di fatto impossibile andare a giocare all’estero da professionista se non fuggendo e chiedendo asilo politico. Fece così ad esempio nel 1975 la tennista cecoslovacca Martina Navratilova, che pagò questa scelta vivendo cinque anni da apolide. Sempre a metà degli anni settanta Dalipagić sostenne più di un provino per i Boston Celtics, che erano rimasti impressionati dal talento di questo giocatore jugoslavo.

 

 

Quei provini per i Boston Celtics

All’epoca NBA non era quel mastodonte che adesso conosciamo, ma la differenza tra il basket statunitense ed il resto del mondo era ancora più abissale di adesso. Dalipagić sarebbe potuto diventare senza alcuna difficoltà un giocatore NBA ma avrebbe dovuto rinunciare per sempre alla nazionale jugoslava, in quanto avrebbe acquisito lo status di professionista e per giocare nelle nazionali ed andare alle Olimpiadi si doveva restare dilettanti. Situazioni che adesso fanno sorridere ma all’epoca rappresentavano regole inderogabili, impossibili da scavalcare come e più del Muro di Berlino. E tra una carriera negli Stati Uniti e indossare la maglia della Jugoslavia la scelta per Dalipagić non poteva che essere una sola: una scelta ha contributo a renderlo la più grande macchina da canestri europei mai esistita.