Calcio, trasferiamo la Serie A a Disney World: dove il Covid non esiste

25 Ottobre 2020
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Il campionato di calcio nei guai?

La soluzione arriva da Paperino e Topolino: giocare a Disney World per sfuggire al Covid. La serie A non è più la stessa di questi tempi, specialmente dopo la disputa nata dalla trasferta vietata al Napoli con conseguente sconfitta a tavolino contro la Juve che fa gridare ad un torneo falsato.

I tamponi, il Coronavirus e l’impossibilità ad utilizzare giocatori potenzialmente contagiosi, di fatto hanno reso inattendibile anche la stagione post lockdown. A parte il Milan che pare fregarsene di questo momento storico e anzi rinasce sotto i colpi di un arzillo 40enne come Ibrahimovic, per il resto solo pianto e stridore di denti.

L’NBA isolata a Disney World

Mi ha colpito al riguardo la notizia sull’NBA. In estate le 22 squadre ai playoff sono state ‘segregate’ a Disney World dove solo in questo mese di ottobre è stato assegnato il titolo. Parliamo della bolla creata apposta per loro in Florida, nel parco divertimenti più famoso al mondo. Giocatori, staff e famiglie rinchiusi in una gabbia dorata fatta di hotel a cinque stelle e palazzetti all’avanguardia. Il meglio del meglio per il massimo dello sport a stelle e strisce. Zero contagi e campionato assegnato ai Lakers con tanto di dedica a Kobe Bryant.

Un isolamento forzato che ha fatto il giro del mondo, mai nella storia di qualsiasi sport si è assistito a qualcosa del genere. Per dirla alla Soros, “in periodi eccezionali, occorre fare cose straordinarie”. L’esperimento pare aver funzionato, ammesso e non concesso che al pubblico piaccia (e a quanto pare piace sempre meno) vedere partite in tv senza il calore del tifo. Perché intendiamoci, anche quello fa parte delle show e senza ne perde tutto il sistema.

E se anche la Serie A trovasse la sua Disney?

Ho pensato: è fattibile nel calcio? Immaginiamo la serie A con tutte e 20 le squadre rinchiuse in un’unica zona per mantenere i contagi a zero e disputare tutte le partite in una zona circoscritta del nostro Paese. Allora, di recente sono stato alla Nuova Fiera di Roma per il concorso Rai, concorrevo per i Tgr della Basilicata e mi sono intrattenuto da quelle parti. La zona è grande come 57 campi da calcio, riconvertendo i padiglioni ce ne sarebbe a sufficienza per hotel e palazzetti adibiti a massima espressione pallonara del movimento italiano.

Ci starebbero le squadre, i giocatori, le loro famiglie e tutto il corpo arbitrale. Si giocherebbe ogni due o tre giorni in massima sicurezza con partite di andata e ritorno. Tamponi a tappeto, prelievi, sierologico e inservienti addetti alle pulizie in isolamento proprio come avviene in America. Sarebbe un calcio in cattività, il vero futuro degli sport professionistici.

Siamo al parossismo, ma perché non pensare un domani a realizzare veri e propri laboratori per giocatori professionisti. Si stima al riguardo che le stime siano 1 giocatore da serie A ogni 4-5 mila ragazzi considerando solo quelli dei migliori vivai d’Italia. A parte il nome, vivaio, che già ricorda l’ambizione epocale di allevare calciatori come fossero cavie a cui impartire ordini, lezioni e competenze fisico-tecniche, la sensazione è che l’esperimento possa servire a realizzare l’antico sogno dell’uomo.

Sportivi come gladiatori tenuti in cattività, cattività di lusso, pronti a esprimere a comando il proprio talento per un pubblico, questo sì che sarebbe davvero innovativo, tenuto a distanza su piattaforme di tv-streaming tipo le OTT odierno, ecco tipo Amazon Prime (che a breve prenderà tutti i diritti del calcio con buona pace di Sky Sport).

Un pezzo d’Italia adibito solo al calcio

Provate e immaginare un’intera zona dello stivale adibita solo al calcio da cui non si può né uscire né entrare. Oggi per evitare il contagio, un domani per evitare qualcosa di peggio. Giocatori sani e longevi magari disposti a dormire in camere iperbarica come faceva Raul (l’ex attaccante del Real Madrid lo faceva davvero per mantenersi giovane e prolungare la carriera!).

Altri dati ci dicono che sarebbe sufficiente coprire solo i costi della serie A con buona pace delle serie inferiori per mantenere in vita una forma di calcio in Italia. Negli ultimi dieci anni sono scomparse quasi 2mila società a tutti i livelli per crisi economica e diminuzione di tesserati. Intendiamoci, il disamore per lo sport attivo è un triste fenomeno dovuto all’era digitale, ma il pallone resta pur sempre il primo per numero di praticanti. Sono le modalità che fanno riflettere.

Maggiori investimenti sugli E-Game e minore interesse per magliette sudate e calzettoni impregnati di fango nella stagione invernale. Anche questi inconvenienti, un giorno saranno solo un ricordo grazie a sistemi di realtà ibridata, rinchiusi in gabbie dorate e senza alcun rischio di contagio. A proposito, parliamo solo di serie A maschile con i suoi ben 92 contagiati ad essere in ginocchio per il Covid perché le ragazze invece hanno fatto registrare zero casi.

Lo dicono i numeri, il Covid è sessista e in questo caso, rispetto al passato, a rimetterci sembrano proprio gli uomini. Ma la soluzione, come detto, arriva proprio dagli States. Non resta che ringraziare Paperino e Topolino, supereroi questa volta del miglior basket del mondo.

 

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