Epifania e figli d’arte nel calcio. Tradotto: i calciatori che non ce la faranno

6 Gennaio 2021
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I Re Magi porteranno Playstation in dono ai principi del calcio generando orde di giocatori dalle dita fatate e dai piedi discutibili.

Lo dice la storia che per giocare a calcio devi nascere povero e con la fame di chi non ha di che mangiare. Vi immaginate bambin Gesù che invece di nascere in una grotta fosse venuto al mondo in un resort di lusso di Dubai con un Ferrari e un Lamborghini al posto del bue e l’asinello, difficile pensare potesse diventare il messia, capace con parole, gesta e miracoli di cambiare il mondo occidentale.

Zaniolo e la storia con Sara Scaperrotta

Difficile, se non impossibile a patto di non compiere un atto di blasfemia, paragonare uno dei primi futuri nascituri del 2021 alla famiglia di Nazareth. Il padre incerto non è certo Giuseppe e Dio ce ne scampi dal paragonare Sara Scaperrotta alla Madonna. Si tratta del figlio (o figlia ma magari giocherà a calcio) di Nicolò Zaniolo che probabilmente avrà dalla sua ex fidanzata. Una relazione interrotta, mentre lei porta in grembo la terza generazione di calciatori, dato che anche il padre di Nicolò lo è stato.

I contorni si fanno torbidi scavando nella notizia. Il romanista che promette atto di responsabilità e la compagna che invece denuncia di essere stata cacciata dalla casa dei suoceri dopo che lui aveva già iniziato una nuova relazione. C’è davvero poco di evangelico in tutto questo, ci dispiace.

Ma del resto questo articolo è cattivo come il 2020 lo è stato per i millennial. È l’ennesima, si spera ultima eredità dei boomers. L’ennesimo sfregio alle generazioni venute dopo, come se non si fosse ancora capito che hanno ereditato un mondo da ricostruire (quello del dopoguerra) per farlo col massimo dell’egoismo. Il calcio è lo specchio della società, lo dicono i fatti.

I figli dei calciatori, una banda di scarponi

Figli d’arte fatevene una ragione, i figli dei calciatori boomers sono una banda di scarponi. Hanno vent’anni sono usciti da poco dal verso giusto del mondo, da una madre compagna di un calciatore. Hanno il cognome del padre come i principi quello dei Re e presto un giorno lo appiccicheranno sulla schiena, tra le scapole, a favore di camera, a imperitura memoria delle gesta di una dinastia. Non la loro, ma quella da cui provengo. Un cognome, quello del padre, perché il loro nome di battesimo vorrà dire poco o nulla.

Ecco alcuni esempi: Justin, Federico, Marcus, Luca. Sono i nomi dei figli di Kluivert, Chiesa, Thuram, Zidane. Li conosce chi gioca al Fantacalcio, non sono di sicuro semidei figli di dei (ve lo possiamo garantire). Sono nati e cresciuti calcisticamente nell’élite del calcio, non hanno fatto altro che imparare dai maestri migliori, nelle migliori scuole calcio. Una volta grandi sono stati notati per quel cognome che faceva già gola alle multinazionali. I geni del marketing si sono sbizzarriti utilizzando il paragone pure un po’ scontato di colui che li ha generati.

Loro non se ne rendono conto perché sono stati concepiti per essere star. Hanno vissuto nel lusso, non han toccato una pelota di stracci, non han giocato a piedi nudi ai bordi della foresta amazzonica, han bevuto spremute ma non hanno mai palleggiato con un’arancia. Hanno giocato alla Playstation col proprio nome e con il cognome del padre, sono privilegiati figli di un boomer di successo. No, non era un boomer fortunato, era un campione che si è fatto da solo generato figlio di uno nato dalla generazione più fica di tutte. Quella dei nati negli anni ’20, ’30, ’40 quella che ha partorito Pelé, i Maradona, ma soprattutto dei Maldini (Cesare), Mazzola (Valentino), Cudicini (Fabio). Dai loro geni sono nati fior di fuoriclasse.

Maradona J., D. Maldini: figli dei calciatori

Non come quei gregari, carneadi di calciatori venuti dopo rei di aver realizzato una caterva di sogni infranti. Ci siamo entusiasmati quando Cristina Sinagra ha messo al mondo Diego Armando Maradona Junior pregustando quel mancino da incrocio dei pali a tre metri dalla barriera. Che fine ha fatto Junior? Ha giocato nel Cervia di Campione e vabbè, qui era difficile ripetere il padre: pace all’anima sua. Speriamo in Daniel Maldini, ma gliel’han tirata di brutto. Tutti, si aspettano che sia figlio e nipote d’arte capace, magari, di vincere pure il pallone d’oro mai paventato a Cesare, negato ingiustamente a suo figlio Paolo. Diciamoci la verità, non ci crede nemmeno lui che pur gioca nel Milan (capolista).

Kluivert, Cholito, Chiesa, altri figli di famosi

Abbiamo sperato che il figlio di Kluivert fosse per l’Italia quello che non ha fatto il padre. All’estero sì, ma in Italia papà Kluivert fece poco o nulla, forse meglio dire nulla. Pure il figlio qualche sprazzo di estro ce l’ha ma da qui a vincere una Champions ce ne passa. Credevamo potesse farlo il Cholito, figlio del grande Diego Simeone, ma statene certi questo non accadrà. E poi c’è Chiesa, Federico, figlio di Enrico. Giocare nella Juventus non vuol dire che ce l’ha fatta. È in Nazionale, ma manca quel quid che lo trasformi da onesto simulatore in giocatore puro. Ci hanno illuso che il controllo dei geni fosse possibile, ma non è così.

Il calcio è uno sport povero, dove basta una porta di stracci tra due lati di un campo improvvisato ai bordi di piazzale. Il calciatore nasce dove il benessere lascia il posto a fame di vittoria a sete di giustizia. Perché il calcio è giusto, toglie ai ricchi per dare ai poveri e non viceversa. Cristiano Ronaldo era destinato all’aborto perché madre Dolores non se lo poteva permettere, Lionel Messi è stato curato da nanismo dal Barcellona che ne aveva intravisto le doti. Il calcio non lo ha mai fatto e mai lo farà, dare gloria a chi non l’ha meritata con pianto e stridore di denti fin dall’infanzia.

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