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Il vero fantasma del Tour De France non è il covid19. Il ciclismo dopo il coronavirus

1 Settembre 2020
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Fine agosto 2020.

Da tre giorni è partito il Tour De France. Quello già falsato per via del coronavirus e del calendario messo giù a soqquadro pur di non fermare la macchina degli sponsor e degli introiti. Quello che promette di avere pochissimo pubblico anche in cima alle vette più dure e quei pochi che ci saranno si vedranno bardati che manco sugli spalti di una gara di cani da slitta. Quello con il percorso più adatto agli scalatori puri degli ultimi anni ma dove anche se primi nella classifica generale basteranno due compagni di squadra positivi al covid e ciao ciao sogno giallo a Parigi.

Il doping e la cultura del sospetto

Come sempre ci sono i bookmakers con il loro elenchi di favoriti e le quotazioni dettate dai numeri. Ci sono le dirette tv e i live streaming in rete ma soprattutto, come ogni volta, ci sono o ci saranno i sospetti di doping quando a vincere sarà quello meno gradito. O quando qualcuno avrà fin troppa gamba, come capitava ogni anno fino a qualche tempo fa con Chris Froome in maglia Sky. Uno che si è portato da sempre dietro il marchio del sospetto e che nel 2017 è finito nella bufera per un farmaco per l’asma usato durante la Vuelta. Vicenda chiusa con l’assoluzione dell’Uci.

Da Lance a Remco, passando per Chris

Tutta colpa dell’idolo di molti millennial negli anni duemila: Lance e del suo vizietto per l’ago facile, certo! Ma non solo. Che poi il peccato più grande di Armstrong è stato quello di aver vinto così tanto e di seguito – sette volte – che alla fine aveva ammazzato lo spettacolo. Vedere il texano ogni volta primo con il passare del tempo rompeva le balle un po’ a tutti. E questa è una verità non scritta ma assodata nel mondo delle competizioni: anche il più tifoso dei tifosi vuole un po’ di pathos. Altrimenti la passione finisce in un fosso che manco Remco Evenepoel al Lombardia di metà agosto.

Un altro che promette di ammazzare in partenza tutto quello che tocca. Il suo talento sembra talmente incomprensibile che per questo la soluzione più comoda potrebbe essere quella di crederlo un imbroglione. Allora, cadono a pennello le immagini di lui disteso al suolo dopo esser volato giù dal ponte e del suo direttore sportivo, Davide Bramati, che gli infila una mano nel taschino e raccoglie un quadrato bianco e lo mette nella tasca dei pantaloni. Nell’indifferenza del momento concitato. E giù con frame su frame e pezzi su pezzi a ricamarci dentro la trama del sospetto. Ci sta ma l’unica certezza è che il ragazzino belga fa paura. Quest’anno non avrebbe corso comunque al Tour, ma quando lo farà saranno cavoli amari per tutti, covid o meno.

Come cambia il ciclismo con il coronavirus?

Nel 2020 sarà tutto diverso proprio per il coronavirus. Pubblico, regole – dicevamo quella del numero massimo di positivi per squadra – e sospetti. Proprio così, i sospetti: al classico ed eterno dubbio che da anni accompagna i campioni in bici – quello della positività al doping – quest’anno e chissà per quanto tempo ci sarà quello della positività al covid. Due fantasmi invisibili che accompagneranno di certo il ciclismo del prossimo futuro.

La stagione delle corse da tre settimane, dopo la Grande Boucle (29 agosto – 20 settembre), proseguirà con Giro (3 – 25 ottobre) e Vuelta (20 ottobre – 8 novembre) in un calendario davvero assurdo, dove il meteo pazzo dell’autunno potrebbe farla da padrone. Ma tant’è: the show must go on. In Francia per esempio la gara sta andando avanti spedita, anche se l’alito del virus continua la sua espansione e il presidente Macron annuncia di non escludere nuovi lockdown.

I favoriti del Tour De France 2020

In corsa non c’è il rischio che vinca l’ultimo dominatore storico, perché come nel 2019 Froome non ci sarà nemmeno. E il guaio è che questa volta non è nemmeno infortunato ma semplicemente la squadra, che oggi si chiama Ineos ma è sempre la Sky, ha capito che sarebbe stato una zavorra per le speranze di vittoria.

In assenza di un homo sapiens imperatore nel tempo, sarà la squadra – l’Ineos Grenadier, appunto – a giocarsi la carta ‘da qui non ci sposta nessuno’. Dal 2012 gli inglesi hanno portato a casa la maglia gialla in sette occasioni con Bernal, Thomas, Wiggins e Chris. Per questo restano loro i favoriti con lo stesso Egan (Bernal), che potrebbe bissare dopo lo scorso anno, ma anche con Richard Carapaz, che sempre la scorsa stagione si portò a casa la Maglia Rosa del Giro.

Ineos o Jumbo Visma?

I guastafeste designati per la coppia di sudamericani sono gli olandesi del Jumbo Visma. Se vincessero loro sarebbero in automatico la prossima squadra più antipatica del ciclismo, già che tra classiche e corse di una settimana stanno facendo il pienone. La coppia Primoz Roglic, primo alla Vuelta 2019 e che quest’anno ha praticamente vinto tutto quello che ha voluto, e Tom Dumoulin, Giro 2017, fa tremare. Subito dietro c’è il delirio.

Scalatori di talento che da sempre sognano la Grande Boucle, finora traditi soprattutto da tutti quei chilometri contro il tempo delle classiche edizioni. Il colombiano Nairo Quintana e uno degli idoli di casa Thibaut Pinot, nonostante una brutta caduta alla prima tappa. Due che se il tour fosse solo salita avrebbero l’armadio pieno di maglie gialle ma che nelle crono diventano come gli amatori delle due ruote delle domeniche di primavera.

Oppure c’è gente che non ci sta a fare solo da comparsa come Mikel Landa o Emanual Buchmann. E l’altro beniamino dei francesi, che nel 2019 fece sperare a lungo i suoi connazionali: Julian Alaphilippe, che in questo strano tour sembra partito benissimo con vittoria e maglia di leader già alla seconda frazione. Ci sono anche i giovani Tadej Pogačar, Sergio Higuita e Daniel Martinez o il sempre verde Alejandro Valverde.

Insomma dalla Costa Azzura di Nizza agli Champs-Élysées di Parigi ci sarà spazio per tutti i gusti, incluso per quello di coloro che, vada finire come vada finire, non crederanno a nulla e non vedranno altro che un ammasso di imbroglioni sudati su biciclette, pure quelle, truccate. Certe cose non le cambierà mai nessuno, nemmeno una pandemia planetaria.

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