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L’Aprilia Motò: quando i millennial hanno raggiunto l’età per guidarla era già fuori produzione

27 Febbraio 2019
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Una moto sognata da chi tra il 1995 e il 1996 era ancora minorenne. E poi… Storia della Aprilia Motò, disegnata da Philip Starck. La moto frustrata, come tutti noi

Sarebbe bello per noi millennial avere una motocicletta generazionale di riferimento come sono stati lo Zundapp e la Vespa Et3 per la generazione X o la Gilera e la Guzzi per i Babyboomer. Ebbene noi abbiamo avuto il sogno frustrato dell’Aprilia Motò, la moto che, come noi millennial, si era illusa di essere speciale e invece no.

Lo Zundapp (1975)

Lo Zundapp (1975)

Un Ciao Piaggio del 1985

Un Ciao Piaggio del 1985

Anni 90: la casa di Noale (Aprilia) recepisce alcuni concetti chiave del decennio: lo status symbol è roba da anni 80 e non vale più una cicca se non è anche style symbol. E lo stile in quegli anni è Philippe Starck. Aprilia Motò 6.5, in cui 6.5 ricorda la cilindrata del motore è stata disegnata proprio dall’architetto parigino simbolo dei radical chic. Ed è stata prodotta tra il 1995 e il 1996 in un numero di esemplari stimato tra le 4mila e le 6mila moto.

Yamaha-xt_125 del 1982

Yamaha-xt_125 del 1982

La mitica Vespa Et3 125_Primavera

La mitica Vespa Et3 125_Primavera

La Vespa truccata che i Lùnapop riportarono in auge con una canzone nel 1999 era già roba da giovani anziani nostalgici. Ivano Beggio invece era un cinquantenne con lo spirito aggressivo e giovane di tutti gli imprenditori veneti rampanti di quegli anni e per lui i 90 furono un decennio glorioso: al Motomondiale aveva lanciato Valentino Rossi, Loris Capirossi, Max Biaggi. Aveva femminilizzato lo scooter in maniera irreversibile con lo Scarabeo. E osato affidare il design di una moto a un architetto parigino per sfidare i grandi delle due ruote.

Uno Scarabeo 50 del 2003

Uno Scarabeo 50 del 2003

Lo fece nel 1993 e nel 1994 Aprilia Motò era in rampa di lancio al Motorshow di Bologna. Erano i tempi in cui i ragazzini adolescenti facevano la fila per vedere belle moto e belle fighe, entrambe concentrate in gran quantità nello stesso posto. Ed entrambe abbinate seguendo i sogni di una generazione che ignorava quello che sarebbe accaduto all’economia italiana 15 anni dopo. Insomma qui si poteva sognare. E tra i sogni, Aprilia Motò entrò subito nella top ten.

La Aprilia Motò nelle tonalità Gray Orange (1996)

La Aprilia Motò nelle tonalità Gray Orange (1996)

Nel 1995 la Motò era in vendita, ma dopo un anno, il calo drastico. Che sembrava dire al visionario Beggio e ai motociclisti seri che questa moto style symbol non sarebbe andata. Piaceva soltanto al popolo del Salone del mobile, che, solitamente non ha idea di cosa sia una moto da strada e nemmeno un motore monocilindrico Rotax 65AP, quattro tempi, raffreddato ad acqua.

Alla fine, il mercato del settore aveva sentenziato che l’Aprilia Motò era… boh. Forse troppo avanti, più probabilmente aveva una connotazione incomprensibile. Era una moto da strada? Era una modo da enduro? A che cosa serviva davvero, oltre a rimorchiare le giovani stagiste nelle gallerie d’arte del centro di Milano?

Una Honda Hornet del 2000

Una Honda Hornet del 2000

Fine della storia dell’Aprilia Motò. Comunque se cercate delle Aprilia Motò usate qui ne trovate una decina a prezzi che non superano i 4500 euro. Ma lo sapete anche voi che le moto che hanno lasciato il segno tra i millennial sono queste due: la Honda Hornet 600 e lo scarabeo a bordo del quale abbiamo visto le più belle gambe degli anni 90.

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