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Come funziona Facebook ads? Come un buttafuori anni ’90

18 Ottobre 2017
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Per la prima volta un eroe, cioè io, sprezzante del pericolo, incurante delle cyber-ritorsioni di Zuckerberg, vi spiega come funziona Facebook ads. Cioè come quegli energumeni nerovestiti che facevano la selezione davanti alle discoteche di provincia.

Vi ricordate quando dovevate tenere un cambio in auto o sotto la sella dello scooter? Una camicia sdrucita, le scarpe di cuoio di vostro zio. Ti levavi la tua bella polo, le tue tennis di marca, e ti vestivi come un bracciante agricolo alla cresima di suo cugino. E tutto questo perché, fuori dal locale dove volevi rimediare un paio di limoni, c’era lui, il buttafuori. Funzionava proprio come funziona Facebook ads. Non gliene fregava assolutamente una cippa, al buttafuori, se la tua maglietta era bella e costosa, mentre la camicia era immettibile, magari a quadretti. Non gliene fregava assolutamente nulla se quelle scarpe scricchiolavano e la pelle era scorticata, a patto che fossero nere o marroni. Rinunciando del tutto a qualsiasi giudizio personale, applicavano fanaticamente le regolette del dress code. Quelle facce inespressive, quei menti allungati, quei petti in fuori. Ordini dall’alto. Alto che, con ogni probabilità, era un pr strafatto di coca che nel picco del suo delirio alcalinico si metteva in testa di trasformare una balera di provincia in un locale chic. Eleganti dentro, sportivi fuori. E punto. I sommersi e i salvati. Ma tu mandavi giù il rospo, tradivi il tuo senso estetico, ti conciavi come quello a cui in classe avresti tirato i cricchi dietro alle orecchie, pur di provare la sensazione di una lingua impastata di rum che si sfregava contro la tua.

Ecco, come funziona Facebook ads? Come una balera di provincia che finge di essere un club di Mayfair. È terribilmente stupido e ottuso. Se provi a sponsorizzare un annuncio che promuove un’orgia collettiva, con foto di smandarppona, ma vestita: prego, accomodati, tu, con le sue belle scarpe nere. Ma se ti azzardi a tentare la promozione di un post intelligente e istruttivo (contro la fame nel mondo o Don Matteo 46) in cui però si scorge un millimetro in più di seno, bé, quel millimetro corrisponde paro paro alla polo: tu, fuori! “Va a casa a cambiarti”, dicevano i più umani. Mentre Facebook ads è insopportabile, ha l’atteggiamento da buttafuori, mostra i muscoli, ma ha pure la parlata da prete: “…un’immagine che mostra eccessivamente il corpo o presenta contenuti allusivi”. Roba da arrivare lì davanti in cinque o sei con le mazze da baseball e poi vediamo. Facebook ads applica criteri rigidi, ridicoli, “ordini dall’alto”, perché l’algoritmo è come un pr di provincia sfondato di bamba. Delira. E noi ce ne rendiamo conto ma ci facciamo fare il timbro tutti contenti. In fondo, nulla è cambiato. L’insulsaggine di un limone sbronzo nelle luci stroboscopiche si è trasfigurata nel piacere, ugualmente cretino, di vedere visualizzazioni e like aumentare a vista d’occhio nella nostra pagina. Ancora e per sempre, siamo vittime consenzienti di un imbecillità più grande di noi. Su, Mark, vienimi a prendere!

 

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