Quante cose si dicono attorno alla crisi di mezza età? È davvero una crisi o un’opportunità da cogliere al volo, ben nascosta dietro la maschera degli stereotipi?
Le pressioni esercitate della società e il nostro stesso orologio biologico ci invitano ad abbracciare la routine, tanto che arrivati alla soglia degli -anta (e alcuni millennial ci sono quasi) il dubbio bussa puntuale alle soglie della nostra mente: faccio quello che faccio perché davvero mi piace o perché devo? Secondo gli esperti la mezza età è un ottimo punto di ripartenza, fa bene al cervello e può portare benefici anche maggiori anche nel mondo del lavoro.
La crisi sul lavoro
Sentirsi intrappolati in una carriera o in un percorso è normale, la parte difficile resta capire come venirne fuori. Per prima cosa è necessario capire come funziona la nostra crescita personale, a che punto siamo e soprattutto come possiamo accelerarla. “Non siamo fatti per stare in un solo posto, – scrive la giornalista Whitney Johnson su Fastcompany – siamo programmati per la crescita. Ecco perché dobbiamo fare un passo indietro e giocare d’anticipo, capire come possiamo andare oltre, più velocemente”.
Una mappa può aiutarci a capire dove e come iniziare il nostro percorso di crescita. La curva di apprendimento a forma di S (quella che nei grafici indica la crescita), rende bene l’idea, e può aiutarci a capire dove abbiamo fatto progressi e dove, al contrario, siamo ancora fermi da tempo. “Per capire dove ti trovi sulla curva S, considera il tuo ruolo attuale: se i compiti ti sembrano difficili, lenti o se la tua produzione sembra relativamente bassa, allora ti trovi probabilmente al punto di partenza. Se invece la tua posizione si evolve velocemente e ti senti sicuro ad affrontare nuove sfide, allora sei probabilmente nel punto giusto”, conclude Johnson. La regola è semplice: visualizzare e poi pianificare.
La crisi di mezza età (e non solo) fa bene al cervello
“La spinta è ciò che ci cambia.” L’atto di trasformazione è radicato nella condizione umana, per questo i primi gruppi sociali abbracciavano il nomadismo. Secondo la dott.ssa Tara Swart, neuroscienziata e docente del corso “neuroscience for business” presso la MIT Sloan School of Management, “Un cervello creativo è quello che può utilizzare le idee in modi inaspettati, usando combinazioni contrastanti di pensieri per crearne di nuovi. Questo è il superpotere della mente umana: reinventare, immaginare, migliorare e ripensare”.
Poi, a un certo punto della nostra vita, succede che l’esplorazione e il cambiamento della mente vengono scoraggiati, e la società si aspetta che prendiamo una posizione su ciò che (neanche su chi) vorremmo essere da grandi. Scegliamo una strada principale e la seguiamo, fissa per le nostre vite, e tende ad essere rettilinea, talvolta guidata da forze esterne. Le aspettative stabilite dagli altri e ld nostre convinzioni spesso ci impediscono anche di intravedere il nostro potenziale. Infine, quando iniziamo a creare prototipi irraggiungibili sprofondiamo nella routine e nell’inerzia. Ecco che a quel punto diventa fondamentale stimolare il cervello: non solo per proteggerci dalla neurodegenerazione, che deriva dall’età, ma per stimolare anche lo sviluppo di nuovi neuroni. E trovare nuovi scopi.