I millennial sono per le experiences e non per il possesso. Questa estate dimostra che non è così vero

7 Agosto 2019
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C’è questo problema con i millennial. Non appena si scopre un tratto distintivo della generazione, per esempio la voglia di experiences arriva il webmarketing e lo cannibalizza. Chedueccoglioni.

Prendiamo la faccenda del cosiddetto consumo esperienziale più noto con la parola experiences: il fatto che la tecnologia della condivisione abbia reso possibile usare le cose senza possederle di per sé è un’astuzia tutta millennial. Una compensazione alla mancanza di soldi che ci affligge, ma anche: un modo per evitare i danni collaterali del possesso, le tasse, i furti, e mille contrattempi elencabili per categoria merceologica (car sharing e noleggio a lungo termine in testa).

Poi le experiences sono un grande antidoto alla classica noia/impazienza dei millennial. Se l’auto ti ha stancato puoi provarne un’altra e giocherellare con  l’upgrading e downshifting (fare gli sboroni e poi ridimensionarsi e viceversa).

Lo stesso vale per l’esperienza turistica, forse la prima a cavalcare ormai da oltre 10 anni la tendenza consumistica dei millennial. Dai cofanetti smartbox o wonderbox che offrono degustazioni, weekend romantici o prove di corsa su circuito, dai viaggi di nicchia alle experiences di Airbnb, abile mossa per bypassare le rivolte luddistiche (ma talvolta motivate) di albergatori e affittacamere professionali.

Il marketing è un po’ la filosofia contemporanea, ti spiega che cosa vuoi e perché lo vuoi e come ciliegina sulla torta ti manda esattamente nel posto dove puoi comprarla. Ora le esperienze, nuovo fenomeno in antitesi con il noumeno, sono la risposta perfetta per chi è abituato a volere tutto con un clic senza spendere cifre assurde.

Il caso Jova

Però, anche qui, occhio. Perché basta un attimo, e le experiences diventano nightmares, incubi, per chi le vive e per chi le organizza. Prendiamo Jovanotti, già sotto la lente di themillennial.it con questo pezzo di Ray Banhoff: immaginiamo si sia figurato un concerto fighissimo, una di quelle experiences plurigenerazionali com’è la sua musica. Una roba a metà tra Woodstock e il campo parrocchiale.

Purtroppo però, da esponente rilevante della generazione X, non ha fatto i conti con un certo ambientalismo millennialistico di base. E quindi è bastato un vaffa di Reinhold Messner, guru verde incontrastato, per far scattare l’hashtag #iostoconmessner. Francamente in un’epoca così bipolarizzata non avevamo certo bisogno di ulteriori fazioni.

Del resto è inutile che ora Lorenzo corra ai ripari dicendo che il suo concerto non inquinerà. Secondo lui come ci arrivano i fans da tutta italia al suo concerto? E se anche ogni fan si comportasse da gentleman e facesse una impeccabile raccolta differenziata quanto costerà pulire, dopo? E capirai che experiences, alla Woodstock, proprio.

La consapevolezza

I millennial, rispetto alla generazione Z non brillano per consapevolezza. Son personcine sensibili, certo, nel loro narcisismo. ma è inutile nasconderselo, non hanno la vis polemica e politica della generazione Z. Con le sue Grete climatiche o i suoi esponenti adolescenti un po’ secchioni oggi celebrati dai media perché hanno le palle per prendere in mano situazioni come il dirottamento terroristico di un bus senza cacarsi sotto. Altro che experiences.

Le generazioni X e Y sono sfigate e schiacciate dai più vecchi e dai più giovani. Per questo, il webmarketing ha gioco facile nel sedurci, nel farci cadere in quelle trappole che chiama narrazioni, proponendo, appunto, le experiences per allocchi. E ci cadiamo.

Peggio, le experiences sono di fatto delle stories di Instagram. Si scelgono per quello, per il numero di followers e di like che portano. Come nel caso del famoso hotel a bolle Attrap’Rêves, vicino a Marsiglia. La bolla luxury costa 499€: si ha l’uso privato della Jacuzzi, un massaggio rilassante di 45 min per persona, una cena e 2 bottiglie di vino. Appena leggi, dici “figattttaaaa!!!”. Poi pensi all’odore di plasticona di quando facevi il corso di tennis dentro il tendone gonfiabile e ti chiedi se sei scemo.

Ebbene?

Dobbiamo ringraziare il marketing delle esperienze per tutto questo. Un marketing che, nel giro di qualche anno finirà per essere a dir poco inutile, e semmai controproducente.

Degli Zeta non sappiamo ancora se saranno austeri o solo seriosetti (del resto loro con la crisi ci sono nati) ma una cosa ormai la sappiamo bene: guardano Facebook e Instagram come noi adolescenti metallari guardavamo i nostri nonni ballare la polka. Dunque se il webmarketing pensa di acchiapparli con i suoi metodi esperienziali pavloviani, auguri.

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