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La Gen Z inverte la tendenza: meglio abitare fuori città, anche senza movida

28 Luglio 2024
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Ok la socialità, ok gli happy hour, ma le polveri sottili? Riusciranno i nostri zelanti Zeta a trasformare la piatta vita di campagna in qualcosa di allegro e meno austero?

Si è sempre detto che per  le giovani generazioni la scelta fosse scontata: bisogno di socialità, di locali dove consumare serate in compagnia, facilità di muoversi per lavoro. La città è sempre stata il regno dei giovani. Ma oggi la spiccata sensibilità della generazione Z potrebbe portare a una piccola grande rivoluzione nel mercato immobiliare. Le condizioni ambientali e il riscaldamento climatico stiano imponendo una nuova etica del vivere urbano, soprattutto con l’aumento dei trasporti eco sostenibili e dei mezzi a pedale o a bassa elettricità. Ma ci si sta rendendo conto che probabilmente non basta e non basterà: la vita nelle città rimane foriera di numerosi rischi per la salute. Le politiche messe in atto ancora non soddisfano e soprattutto non eguagliano la salubrità del vivere fuori, in aree verdi, in campagna o in nuovi agglomerati periferici costruiti per funzionare con energia pulita.

Che cosa dice la scienza

Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno dimostrato i benefici del vivere in aree verdi rispetto all’ambiente urbano. La presenza di spazi verdi e la vicinanza alla natura hanno un impatto significativo sulla salute fisica e mentale delle persone.

Uno studio condotto dall’Università di Exeter, pubblicato nel 2019, ha rivelato che le persone che vivono vicino a spazi verdi hanno una probabilità del 20% inferiore di soffrire di ansia e depressione rispetto a chi vive in aree urbane densamente popolate. Lo stesso sembra dire un’analisi del 2016 pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet: ha evidenziato che vivere entro 500 metri da un’area verde riduce il rischio di mortalità prematura del 12%. Com’è dunque possibile che in paesi evoluti in cui si pone grande attenzione alla prevenzione dalle malattie, si tenda sempre a mettere il parametro del verde in secondo piano mentre si sceglie la casa in cui abitare? Un’indagine del 2018 dell’Università di Harvard ha dimostrato che le persone che vivono in aree verdi hanno un rischio inferiore del 34% di sviluppare malattie respiratorie e del 13% di soffrire di malattie cardiovascolari. Fattori misti sono alla base di questo risultato: in parte la migliore qualità dell’aria, dato strutturale, si intreccia con lo stimolo che offrono i grandi parchi a svolgere attività fisica all’aperto. Anche in termini di salute mentale, i dati scientifici mostrerebbero che la campagna e le aree verdi migliorano il benessere delle persone. Nonostante per molto tempo si sia sostenuto che le sterminate foreste del Nord Europa fossero alla base di disturbi mentali per l’eccesso di isolamento, uno studio del 2015 pubblicato sulla rivista accademica americana Proceedings of the National Academy of Sciences ha mostrato che passeggiare in un ambiente naturale per 90 minuti riduce l’attività nella regione del cervello associata alla depressione.

Cerca la tua “zona blu”

E, sempre a dimostrare la potenzialità della natura come agente di prevenzione, il mondo è stato contrassegnato con le cosiddette zone blu, territori dove le persone vivono significativamente più a lungo e che si trovano in maggioranza in ambienti rurali. Un esempio molto studiato è la nostra Sardegna, dove la combinazione di dieta mediterranea, attività fisica regolare e un forte senso di comunità contribuisce a una delle più alte concentrazioni di centenari al mondo. E dunque i più zelanti della Gen Z si stanno chiedendo che cos’è che frena veramente dall’abitare meglio il nostro mondo. In italia, tra i problemi conclamati c’è la concentrazione dei servizi più importanti come Anagrafe, commissariati, amministrazioni pubbliche, tribunali, scuole, ospedali dentro i centri storici. Inoltre in molte città i trasporti sono ancora poco d’aiuto nel facilitare il movimento tra il centro e le aree verdi limitrofe, costringendo i pendolari a viaggi in treni e bus affollati o in auto sopportando code di ore. Infine c’è un problema di percezione della comunità: chi vive fuori spesso sceglie l’isolamento da un mondo caotico, ma questo impedisce di agire come comunità e ottenere miglioramenti delle reti e dei servizi fuori città. Ancora una volta quindi la salute sconta un deficit di cultura del buon vivere, sul quale gli zeta cominciano a sentire di avere la responsabilità di agire. Ma forse dovrebbero anche affrontare la necessità di qualche compromesso. La cultura del green al di là del farci sentire più buoni e più bravi deve risolvere i problemi pratici. È un ambito, tra l’altro, nel quale sarà possibile creare nuova occupazione LEGGI ANCHE La casa ideale degli eco millennial Come abitare in una casa eco sostenibile fai-da-te Fottutamente ecologico: la rubrica per eco-millennial