I millennial amano la birra ma sono una grande occasione per l’industria del vino

11 Febbraio 2021
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Il 2020 ha visto un vero e proprio boom degli acquisti online anche in fatto di vino.

Tanto che il wine e-commerce si è trasformato da canale di vendita poco frequentato a business affermato, con un giro d’affari tra i 150 e i 200 milioni di euro solo in Italia. Un business che vede anche il rovescio della medaglia: l’associazionismo anti-alcol, infatti, analizzando i dati di consumo della Nielsen, ha concluso che in casa la gente tende a bere in maniera incontrollata. 

Ma tra i consumatori di vino, dentro e fuori casa, quale posto occupano i millennial? Tra loro e il vino esiste un rapporto un po’ complicato. Anche perché i millennial, circa 2 miliardi di persone in tutto il mondo, sono la categoria più studiata del marketing e al tempo stesso la meno compresa.

I millennial preferiscono la birra al vino

C’è chi dice che entro il 2025 saranno i diretti responsabili del 50% delle vendite di vino nel mondo. Lo “State of the US Wine Industry 2021”, rapporto sullo stato dell’industria vitivinicola statunitense, afferma che le cose non stanno proprio così. Perché il mondo del vino non riesce a conquistare davvero questa generazione, che continua a preferire la birra, o comunque non è un bevitore esclusivamente di vino. 

Ad oggi negli Stati Uniti i maggiori consumatori di vino sono ancora i cosiddetti Baby Boomers, che hanno una maggiore disponibilità economica, ma che si stanno anche avviando verso l’età della pensione. Si apprestano quindi a passare il testimone alle generazioni successive in fatto di consumi. 

E il problema è proprio qui. Perché sebbene i millennial rappresentino la più grande opportunità per l’industria vinicola, manca da parte dell’industria del vino una proposta che sia in grado di soddisfare le esigenze di quella fetta di consumatori.

I millennial bevono vini economici

Ad oggi i più giovani sono attratti dai vini più economici, poiché non considerano il vino un bene di lusso. A differenza dei boomers che invece amano ostentare la ricchezza acquistando bottiglie Premium. C’è poi la questione dell’attenzione alla salute, che si traduce in un aumento di coloro che limitano il bere a sporadiche occasioni.

Insomma, l’industria vinicola americana dovrebbe concentrare le sue attenzioni verso i millennial, che hanno abitudini, cultura e valori diversi da quelli dei loro genitori in fatto di bere. E dovrebbe puntare sulla sostenibilità, parlando a questi potenziali consumatori con trasparenza. Perché quello che manca non è la qualità, le tecniche moderne rispettano gli standard di sostenibilità e c’è una grande ricerca in fatto di pratiche di vinificazione. Ma i millennial non lo sanno perché nessuno glielo spiega. 

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