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Mindful drinking. Perché i Millennial sono la generazione che beve meno?

16 Aprile 2019
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Seppure non sia scienza esatta, la statistica aiuta ad analizzare la società. E così, con i dati a disposizione, si scopre che siamo la generazione che beve meno: dopo la meditazione e la dieta consapevoli, la mindfulness è arrivata anche al bancone, dove ordiniamo cocktail sempre più leggeri se non bevande analcoliche. Mindful drinking generation. 

 

E infatti da alcuni dati riportati dal Wall Street Journal aumentano le vendite di bevande analcoliche o a bassa gradazione: le birre 0% alcol hanno registrato un +3,9% negli ultimi 5 anni, mentre la vendita di quelle tradizionali è rimasta stabile (report GlobalData 2018). E soprattutto al bar, i giovani chiedono cocktail leggeri, tanto che sempre più drink list vengono pensate da mixologist e bartender seguendo questa tendenza.

 

Come ha fatto Coca-Cola che ha deciso di lanciare Bar None, una linea di drink analcolici, pensata proprio per chi non ha voglia di bere cocktail, ma nemmeno di ordinare una fanta come aperitivo (mai sentito parlare di succo di pomodoro condito, crodino o acqua tonica con limone?).

Sangria, Bellini Spritz (?), Dry Aged Cider, Spiced Ginger Mule, questi sono i 4 primi cocktail without spirit lanciati da Bar None e siamo molto curiosi di sapere se arriveranno anche in Italia e se potranno avere successo da noi. Provate a offrire a un veneto uno Spritz senza Prosecco… Diageo, anticipando Coca-Cola, aveva investito in Seedlip, la prima linea di drink analcolici per colmare un vuoto del mercato. Ma anche Pernod Ricard e altri brand del mondo beverage stanno seguendo la stessa strada.

 

 

Perché vogliamo stare lontano dai bicchieri? In generale siamo più attenti alla salute, siamo più consapevoli dei rischi che l’alcol e in generale le cattive abitudini hanno sul nostro corpo. Ma c’è di più, credo. Siamo anche la generazione più attenta al giudizio degli altri e siamo così esposti sui social network da comportarci come se fossimo sempre controllati.

Io e i miei amici non condividiamo le nostre vite nelle stories di Instagram, ma mi capita quando esco con amici di amici di vedermi puntata in faccia uno smartphone mentre sto parlando, ballando o anche solo ascoltando e di ricevere subito dopo una notifica: sono stata taggata in un video di uno sconosciuto o semi-sconosciuto. Beh, quando è così è normale frenarsi un po’, è facile essere fraintesi in video di 15 secondi completamente decontestualizzati.

Il controllo, per chi usa i social network costantemente, è una parola d’ordine. Le serate sono documentate da foto, video, stories: meglio evitare di sembrare alcolizzati o di essere ripresi in stato di ebbrezza, non solo per non fare brutta figura, ma anche per evitare di dover affrontare, il giorno dopo – da sobri – il proprio comportamento alterato.

Più che una tendenza salutista, è un cambiamento culturale che spinge i Millennial ad allontanare l’alcol dalle loro vite. È il controllo che i social media hanno su di loro.

Meno alcol = più salute, meno buon senso. E se la ricetta fosse invece più buon senso?

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Quanto alcol si può bere al giorno? Dipende dal giorno della settimana…