Come si divertono i Millennial? La parola a Leandro Bisenzi
Il modo di divertirsi dei Millennial è sempre uguale a sé stesso e a quello delle altre generazioni? La parola a chi di divertimento se ne intende davvero: Leandro Bisenzi.
Leandro Bisenzi è Art Director della Stranomondo Entertainment Bureau, società da lui creata nel 1995; nell’intrattenimento serale e notturno ha iniziato ad operare nel 1985; proprietario e direttore artistico di vari club italiani, dal 1997 al 2007 ha condotto il Tenax di Firenze fra i primi 10 locali al mondo, per tacere dell’organizzazione e della realizzazione di centinaia di concerti ed eventi e dell’ideazione di format quali La Guapa Muerte e Circo Nero, esportati anche all’estero. Nel 2019 Leandro Bisenzi è stato autore del libro “È uno… stranomondo. In viaggio tra Thailandia, Cambogia, il Tenax e il Circo Nero” (Apice Libri). Un professionista ed un imprenditore che ha iniziato il suo percorso in piena era millennial e che i millennial li conosce meglio di molti altri. Ecco i suoi pensieri in merito al divertimento, all’intrattenimento, al ballo, ai club e a tanto altro ancora.
I suoi eventi hanno un pubblico traversale. Come si divertono i Millennial?
Io posso averli sott’occhio per un paio d’ore al massimo durante un party e – per fortuna – non esistono soltanto i party nella vita. Ciò doverosamente premesso, noto spesso in molti di loro la mancanza di curiosità e la poca voglia di viaggiare. E questo mi dispiace.
Hanno un approccio diverso al ballo, alle serate?
Io li vedo ballare con i nostri dj e guardare divertiti i nostri spettacoli. Sono un ottimista di natura e mi piace pensare che alla fine nulla cambi quando si parla di divertimento, anche se ci riferiamo a generazioni diverse. Lo si coglie nei loro occhi ed io mi fermo a quelli.
Lo stop causato dall’emergenza sanitaria ha cambiato le abitudini di chi esce la sera per divertirsi?
Assolutamente sì, ma sono onde, momenti, periodi, passeranno anche questi! In alcuni prevale la voglia di rimanere in casa, di stare sempre attaccati ai cellulari, così come si riscontra sempre per alcuni più paura per il futuro, con comportamenti conseguenti che possono sfociare in abusi di alcool e nel bullismo.
In piena “era millennial” il clubbing italiano era dominante. Si è solito dire che all’epoca Ibiza fosse in Italia. Vero? Falso? Retorica?
Ibiza per certi versi è stata in parte creata dagli italiani. Basti pensare al Circoloco e al ruolo sulla isla di tanti imprenditori italiani, per tacere dei tanti nostri connazionali che ogni anno frequentano Ibiza con il loro apporto creativo ed economico. In Italia esistevano tante realtà importanti, non soltanto in Romagna; penso al Tenax di Firenze che acquistai con i miei soci nel 1997 e che diventò uno dei primi club al mondo in pochissimo tempo, ospitando set indimenticabili di artisti assoluti quali i Daft Punk ed i Chemical Brothers.
Che cosa manca all’Italia rispetto all’estero per essere davvero competitiva nel settore dell’intrattenimento? E che cosa ha in più?
Siamo già competitivi, siamo già al top. Abbiamo soltanto un problema: non crediamo a noi stessi, guardiamo – più da clienti che da imprenditori – a realtà straniere come Ibiza, Londra e Berlino e continuiamo a ritenerle migliori delle nostre. Non è vero! I veri problemi dell’Italia sono due: tasse e burocrazia. Faccio un esempio: con il Circo Nero alle Spiagge Bianche di Vada (in provincia di Livorno) portammo nel 2011 30mila persone, nel 2012 60mila. Senza sponsor e con ingresso libero, dieci anni prima del bellissimo Jova Beach Party. In un’altra nazione saremmo stati sommersi da sponsorizzazioni e da proposte di collaborazione da parte delle Amministrazioni Locali, avremmo suscitato l’interesse e l’attenzione delle banche. Noi fummo denunciati!
Chi va in discoteca – millennial in primis – non vuole più aspettare che lo special guest inizi a suonare dopo le due di notte ma non vuole nemmeno andare relativamente presto a cena ad agitare i tovaglioli con le cosiddette cene spettacolo. Quale la soluzione migliore per conciliare orari non da licantropi e divertimento di qualità?
Ho vissuto il clubbing londinese quando ci si metteva in coda alle 22 per sperare di entrare nei club dove già i dj o le band suonavano; spero che tutto questo torni quanto prima. Con la mia agenzia i dinner show ed i format ai quali sto lavorando ribadiscono un principio ed una regola: dove si balla non si dovrebbe mangiare. La nascita negli anni 2000 delle cene aperitivo con i tavoli sparecchiati in tutta fretta per far posto ai dj hanno rappresentato il livello più basso che i club potessero raggiungere.
Che consigli dà ad un millennial che voglia lanciarsi nel business dell’intrattenimento serale e notturno?
Innanzitutto deve divertirsi lui per primo, poi tutto il resto sarà in discesa; deve mettere da parte qualche soldino perché chi investe di più avrà ovviamente più disponibilità nel mostrare situazioni più belle. Poi dovrà dormire poco e staccarsi dalla propria comfort zone, siano il letto o il telefonino. E soprattutto VIAGGIARE! Viaggiare in Italia e all’estero, andare a vedere le realtà clubbing anche più piccole, per ispirarsi e copiare. Sì, copiare. Del resto, come diceva Pablo Picasso, “i geni copiano, i mediocri imitano”: non si deve avere il timore di passare da copioni: si devono mettere in pratica le proprie visioni in quello che si fa, magari copiando da altre situazioni.
I suoi progetti estivi?
Un tour con Kommando, un giovane artista che sto accompagnando nel suo straordinario percorso; un centinaio di date entro tra estate ed inverno, tra Italia ed estero. I primi passi della mia agenzia (Stranomondo) in Asia, consulenze per importanti organizzazioni dell’entertainment in Grecia, Egitto e Turchia.
I social network hanno migliorato o peggiorato il clubbing?
Ai social network si conferisce troppa importanza, ma non svelo certo nulla di nuovo! Si sta troppo attaccati al telefono, si pensa più a fare vedere agli altri che cosa facciamo e dove siamo più che a godersi questi momenti! Voglio vedere anche in questo caso il bicchiere mezzo pieno e preferisco pensare che stare così tanto sui social non sia un modo di fare il ganzo e far vedere quanto si sia ricchi e fortunati, quanto piuttosto un messaggio agli amici della serie “venite anche voi e passiamo questi momenti insieme”: il concetto di condivisione nell’accezione positiva del termine. Invece mi fatto letteralmente vomitare – mi si scusi l’espressione – i post e le stories dove si sfoggiano ricchezza ed opulenza in periodo storico come quello attuale, di grande crisi per molte persone. Trovo tutto questo molto volgare ed inelegante!
Che cosa è la trasgressione ai giorni nostri?
La trasgressione non esiste più, non interessa più. Negli anni novanta era tutti diverso, eravamo ribelli senza acronimi e anglismi improbabili per etichettare le persone; si era fieri di essere notati ed anche offesi: se capitava, era perché si voleva essere additati e diversi. Grazie ai club e alle persone che frequentavano i club, nascevano le mode, non venivano suggerite dai media e dalla rete. Adesso essere trasgressivi significa non partecipare a questi giochetti social!