Mentre le discoteche italiane rimangono ancora (inspiegabilmente) chiuse, un documentario celebra le origini della club culture.
Le cronache quotidiane non fanno che confermare una triste realtà italiana: per le istituzioni e l’opinione pubblica le discoteche non esistono e forse sarebbe meglio sparissero per sempre. Altrimenti non si spiega perché sia l’unica attività tutt’ora completamente bloccata, nonostante si balli ovunque: piazze, spiagge, ristoranti, bar e soprattutto nonostante lo scorso 25 giugno il Comitato Tecnico Scientifico abbia dato parere favorevole – con una serie di paletti – alle riaperture. Nel frattempo l’Esecutivo continua nella sua decisione di non decidere: speriamo che queste considerazioni invecchino in fretta e che vengano presto superate da buone notizie in merito.
Disco Ruin per capire il peso delle discoteche
Peccato che non si sia ancora compreso quanto le discoteche siano importanti in termini lavorativi, di indotto e anche dal punto di vista culturale. Sissignori, club culture non è soltanto un termine di quelli utilizzati a sproposito da chi voglia darsi un tono ma una realtà della quale tutto il mondo è consapevole. Italia a parte.
Una dimostrazione inoppugnabile? Il docufilm Disco Ruin di Lisa Bosi e Francesca Zerbetto e che verrà proiettato in diversi cinema di tutta Italia (qua il link), per poi approdare su Sky Arte.
Disco Ruin, un viaggio negli anni d’oro delle discoteche
Disco Ruin è un viaggio negli anni d’oro per non dire di platino delle discoteche italiane, con un particolare focus sugli anni novanta, quando i club millennial erano davvero un punto di ritrovo unico per chi scopriva una musica completamente nuova ma anche un modo per esternare la propria idea di loisir, cultura, emancipazione e avanguardia. Ben lontani dal divertimentificio o dall’omologazione.
Disco Ruin racconta un’Italia che non esiste più e che in molti non si sono accorti sia esistita. Lo fa da un punto di vista inedito, intimo e privilegiato, con le testimonianze di Claudio Coccoluto e Daniele Baldelli, parlando del fuoriorario Exogroove e di locali quali Baia Degli Angeli, Cocoricò, Echoes, Tenax.
Senza scadere nell’autoreferenzialità e nell’effetto nostalgia, forse insistendo un po’ troppo sul concetto di trasgressione legato ai travestiti e ai travestimenti, ma di sicuro racconta un’epoca unica, come è unico tutto quello che nasce, che prima non c’era e che si sa che forse non tornerà mai più. Per questo Disco Ruin va assolutamente visto, sia da chi ha vissuto questa golden age sia da chi ne ha sentito riecheggiare soltanto qualche racconto.
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