Da questa settimana le discoteche italiane possono risorgere. Da lunedì scorso – 11 ottobre 2021 – “le attività da ballo non sono più sospese”, per rifarsi alla dicitura che ha accompagnato i DPCM dall’agosto 2020 sino a pochi giorni addietro.
Per le discoteche del nostro paese questo è il primo week-end nel quale possono provare a essere sé stesse, senza fingersi ristoranti con le relative cene spettacolo, format più adatti in quanto tali al karaoke o ai raduni di ex compagni di scuola. Senza dimenticare la vergognosa concorrenza sleale praticata questa estate da spiagge, bar e ristoranti, dove si ballava senza alcuna restrizione: in pratica si poteva zampettare ovunque, a parte forse i supermercati e le stazioni di benzina, tranne che nei club.
Ormai non si poteva continuare così: persino Ibiza ha dato un primo via libera ai club dalla settimana scorsa, così come in questi giorni ad Amsterdam si stanno svolgendo una serie di festival legati all’Amsterdam Dance Event, con un’unica limitazione, l’orario: il coprifuoco olandese scatta infatti a mezzanotte in punto. Questo non ha impedito lo svolgersi di eventi spettacolari come A State Of Trance di e con Armin van Buuren, il dj e producer olandese che in patria e non soltanto in patria gode del meritato status di rockstar.
Discoteche aperte, liberi tutti?
Questo significa liberi tutti? Assolutamente no! 50% di capienza massima al chiuso, 75% all’aperto, così come saranno obbligatori l’utilizzo dei bicchieri monouso, gli impianti di aereazione senza riciclo di aria, un meccanismo di registrazione dei clienti che consenta un eventuale tracciamento dei presenti e obbligo di mascherina, quest’ultima tranne quando si balla.
In pratica significa che come al solito le discoteche avranno puntati addosso gli occhi di tutta l’opinione pubblica e degli influencer che si atteggiano a giornalisti, “forti” di una coerenza pari a zero e dei loro follower che definire lobotomizzati è forse sin troppo generoso.
Mai come adesso le discoteche devono dimostrarsi realtà imprenditoriali, capaci di trattare il comparto con un approccio da impresari e da manager, non da ex sbigliettatori di flyer o pierre autoreferenziali capaci soltanto di postare sui social frasi sconnesse e selfie imbarazzanti, senza per questo cadere in velleitarie prese di posizione in merito alla club culture, che in quanto tali meriterebbero una sana pernacchia degna del più ispirato Totò. Benissimo fare riferimento ad Ibiza e a importare party come elrow, ma per la routine di qualità servono metodologie e know-how di spessore.
Servono visione e decisionismo per le discoteche
Senza cadere troppo negli aspetti tecnici, serve ora più che mai un deciso cambio di passo e di prospettiva. Basta inseguire a tutti i costi il superospite di turno: si deve essere capaci di offrire un’esperienza, da quando si arriva al parcheggio e si va al guardaroba a quando si serve un drink, senza ovviamente dimenticare le giuste attenzioni da dare al soundsystem e al lighting invece che ai divanetti.
Servono visione, capacità di investire, volontà e sano decisionismo nell’avere un programma a medio e lungo termine. Dopo 18 mesi di forzatissimo stop, sarebbe un peccato mortale ritrovarsi con le stesse dinamiche che avevano sclerotizzato il settore. I millennial non fremono al solo pensiero di tornare a ballare: facciamo in modo che stavolta sia per sempre. E che tutto quanto sia diverso da com’era diventato prima della pandemia.
Foto d'apertura: Amnesia Milano
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