Le ragazze che bevono alcol fanno paura. Del resto, i cani hanno paura dei tuoni

23 Febbraio 2018
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Scena uno. Entri in un bar, sei un uomo, vedi al bancone un altro uomo che sorseggia un bicchiere di vino, è solo, legge un giornale o qualcosa sullo smartphone o semplicemente si guarda intorno. Pensieri possibili: nessuno, “giornata difficile”, “starà aspettando qualcuno”. Scena due. Entri in un bar, sei un uomo, al bancone c’è una donna che beve un bicchiere di vino, è da sola, sta leggendo un libro o forse semplicemente ha lo sguardo perso nel vuoto. Pensieri possibili: “che problemi avrà?”, “starà aspettando qualcuno”, “vado ad attaccare bottone”, “beve da sola?”. La realtà è che le ragazze che bevono alcol fanno paura.

Le ragazze che bevono alcol fanno paura. La donna che beve da sola è una minaccia. Non scuotete la testa perché è così, vedere un gruppo di donne che beve vino a cena o delle ragazze con i cocktail in mano in un bar non sconvolge nessuno, ma una donna che dichiari che le piace bere e che lo fa da sola è giudicata come una poco di buono, una poveretta… una disperata. Bere è sinonimo di libertà e le donne libere spaventano. Conclusione: le ragazze che bevono alcol fanno paura.

Negli Stati Uniti è stato pubblicato a fine dello scorso anno, e non vediamo l’ora che arrivi l’edizione italiana, il libro Women’s Libation: Cocktails to Celebrate a Woman’s Right to Booze che suona come: il diritto delle donne a bere. Al primo sguardo il libro della barman e illustratrice Merrily Grashin potrebbe sembrare semplicemente un libro di mixology in chiave femminile, invece oltre ai cocktial c’è di più.

Women’s Libation è un libro che racconta la storia del femminismo attraverso una raccolta di cocktail o meglio: ripercorrendo le tappe fondamentali della conquista della parità di genere e raccontando le imprese di alcune donne, la Grashin propone le ricette di cocktail nuovi o rivisti. Sono più di 75 e tra i tanti nomi ci sono il Simone de Boulevardier, il Frida Kahl-ada, il Birth Cointreau (un cocktail per celebrare la contraccezione), il Margarita Atwood, il Joan of Arc & Stormy (un Dark&Stormy rivisto, in onore di Giovanna d’Arco, con un’ulteriore aggiunta di assenzio, perché Giovanna era una dura).

Ogni ricetta è accompagnata dal racconto dell’eredità femminista (o dal personaggio) che l’ha ispirato. Com’è nato il libro? Un po’ per caso, dice Merrily: stava pensando a nuovi cocktail e dopo averne creato uno ispirato a Michelle Obama le sono venuti in mente altri eroi femminili.

In copertina – color rosa Millennial – c’è una rivisitazione dell’immagine di Rosie The Riveter (l’icona femminista per eccellenza, che rappresenta le donne americane che lavoravano nelle fabbriche durante la Seconda Guerra Mondiale. È la donna con una bandana rossa in testa che mostra il muscolo del braccio, vestita con una tuta blu da lavoratore), qui Rosie – a cui è anche dedicato un cocktail all’interno del libro – è raffigurata con una bottiglia in mano, pronta per versarne il contenuto.

Il libro di Merrily è un libro femminista? Forse sì, ma se si tratta di femminismo è di sicuro di tipo leggero, adatto a tutti, smorzato dalle illustrazioni e dal fil rouge dell’alcol. Certo si spera possa aprire discussioni sull’argomento: una donna che beve è uguale a un uomo che beve? Una donna che beve è un invito a un uomo a provarci con lei? Una donna che beve è un’irresponsabile o una disperata?

Ah già, tra poco è anche la festa della donna. Compiti a casa: rispondete con sincertià a queste domande entro l’8 marzo. Se le vostre risposte sono: “no, sì, sì”, ordinate il libro e leggetevelo. E soprattutto, chiedetevi: perché le ragazze che bevono alcol fanno paura?

 

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