L’overtourism: il fenomeno che disgusta e attrae i ventenni
Lettera aperta della nostra Kristine Brunner, affinché anche in vacanza non si sacatenino risse, generazionali o meno
Ho avuto il privilegio di crescere tra le montagne del Trentino e oggi capisco la frustrazione dei residenti che popolano i borghi più gettonati per le vacanze. Ogni estate mi lamentavo quando una folla di escursionisti prendeva il controllo dei miei sentieri, e si comportava come se avesse pagato il biglietto per un Luna Park nel quale aveva il diritto di fare quel che voleva.
Da noi le strade sono strette e in men che non si dica si stringevano ancora di più per le troppe alte parcheggiate. Eppure i soldi guadagnati dai paesini grazie al turismo sono stati un vantaggio per l’economia locale, e le mance che ho preso facendo la cameriera negli hotel durante l’alta stagione mi hanno aiutato a pagarmi l’università fuorisede.
Ora divido il mio tempo tra Siena e Pienza e spesso mi muovo in auto alla scoperta dell’Appennino. E vedo come un eccesso di visitatori influisca sull’ambiente e sui residenti. L’alta stagione è il momento in cui sembra che i turisti siano più numerosi dei residenti, ed è chiaro che esasperi gli abitanti delle piccole perle arroccate, che belle son belle, ma non hanno tutti quei servizi che servirebbero per gestire un turismo che dalla fine della pandemia in poi è quadruplicato, anche grazie all’impulso dato alla modalità del turismo di prossimità. Ma l’overtourism è veramente esasperante e modifica le routine di chi è nato o ha scelto di vivere nelle località segrete della nostra Italia.
I bar e i locali da cui a volte lavoro da remoto sono sovraffollati, quindi di solito rimango a casa. Se non faccio la spesa non appena apre il minimarket, devo girare in tondo all’infinito, alla ricerca di parcheggio. I ristoranti più buoni sono mappati e hanno tempi di attesa di più di un’ora, quindi io e i miei amici evitiamo di cenare fuori.
Il dato più recente sul sentiment dei residenti delle località turistiche italiane, condotto da una nota agenzia di Bed and Breakfast ha rivelato che il 64% dei residenti ritiene che le amministrazioni locali lavorino più per far contenti i turisti che per migliorare la vita delle persone che ci vivono tutto l’anno. Molti ritengono che i turisti mostrino una mancanza di rispetto per la cultura e per la terra, che ignorino le radici dei luoghi che calpestano, soprattutto se sono appartenenti alla Generazione Zeta o se sono giovani millennial.
Vado spesso in bicicletta a Bagno Vignoni, una sonnolenta frazione in Val d’Orcia, nelle vicinanze della via Francigena che nel 2021 contava 30 abitanti. Le acque che sgorgano in questo luogo sono utilizzate fin dall’epoca romana a scopi termali. Nonostante la popolazione sia poco più di un nucleo familiare allargato ai parenti, c’è un sentimento di malsopportazione delle invasioni turistiche, con bande di persone vocianti, malvestite e incuranti della pulizia delle strade. Li capisco benissimo.
In altre città turistiche, più grandi, i locali evitano le piazze del centro per tutta l’estate. «Sono felice che il turismo sostenga le imprese locali, soprattutto dopo gli effetti devastanti della pandemia» dice Tarsia Mangordo, ex blogger di viaggio che ha chiuso i suoi canali dopo aver compreso quanto fossero perniciosi i reel del tipo: “10 cose da fare assolutamente in 24 ore a Volterra”, «ma mi sento frustrata quando vedo i visitatori irrispettosi, che fumano sui sentieri proprio durante la stagione degli incendi».
Non succede solo da noi, ovviamente, l’overtourism è una piaga ovunque. Ho letto una dichiarazione di Kevin Rieke, imprenditore di lunga data a Leavenworth, Washington, cresciuto a escursioni sulle Cascade Mountains. Anche secondo lui c’è un importante concorso di colpa di Instagram che ha affollato i suoi sentieri preferiti. Ma lui vede anche il lato positivo: «Grazie all’aumento del numero di turisti la città ora ha una dozzina di ristoranti davvero buoni che i residenti possono godersi nelle stagioni lente, ed è più facile per i ragazzi del posto trovare un lavoro».
Secondo l’ONU Turismo , entro la fine del 2024, i numeri del turismo globale torneranno ai livelli pre-pandemia. L’International Air Transportation Association, che tutti conosciamo come IATA, prevede che quest’anno i viaggi aerei raggiungeranno il massimo storico, con 4,7 miliardi di persone che prenderanno il volo in tutto il mondo.
Se non altro bisogna dire che la nostra cultura del turismo di prossimità è in controtendenza rispetto a uno dei problemi maggiori a livello internazionale, ovvero la tendenza dei turisti ad affollare sempre gli stessi posti, come Venezia e Parigi, così come nei Parchi nazionali più famosi degli Stati Uniti o nelle spiagge più candide del Mediterraneo. Includo me stessa in questo gregge: mi sento ancora obbligata a visitare luoghi che ora sono sovraffollati, come Bali o Madrid.
Dovremmo smettere di viaggiare nei posti più belli del mondo? Come giornalista mi sento sempre di spingere tutti a uscire ed esplorare. Ma con l’aumento della pressione sulle destinazioni più popolari, sarebbe saggio che tutti noi prendessimo sul serio la necessità di diventare turisti più consapevoli. Ecco allora i miei suggerimenti.
Pagare le tasse turistiche per sostenere le economie locali
Molte destinazioni popolari (come Amsterdam, Bali) hanno iniziato a chiedere di pagare una tassa di soggiorno per i mesi di punta. La nostra Venezia, che conta appena 50.000 residenti, ospita 30 milioni di visitatori all’anno, molti dei quali sono turisti giornalieri che nell’economia immettono ben poca ricchezza. Ecco perché, ad aprile, la città ha introdotto una tariffa di prova di 5 euro al giorno in determinate date fino a luglio. La tariffa ha attirato critiche da parte dei residenti che ritengono che induca i visitatori a vedere la loro casa come un parco.
La città di Bend, nell’Oregon, ha creato un fondo di sostenibilità che destina le entrate generate da una tassa di alloggio a breve termine, pagata dai visitatori, a progetti incentrati sulla comunità, come un bike-park e la manutenzione dei sentieri.
Pagare una cifra simbolica per proteggere i luoghi che amiamo è il minimo che possiamo fare.
Pianificare e prenotare in anticipo
La pandemia ha creato una passione per le attività ricreative all’aperto e i nostri parchi nazionali e regionali si sono popolati eccessivamente. Un numero crescente di parchi famosi in America, come Yosemite, sta imponendo un modello di prenotazione che sarebbe utile anche da noi: all’inizio ha infastidito i turisti ma il risultato è oggettivamente un’esperienza di migliore qualità per i visitatori e un’impronta più leggera lasciata sul territorio.
Impara l’etichetta locale all’aperto
Il tema più importante è sempre lo stesso: l’educaazione al rispetto dell’ambiente: in un momento in cui tutti cercano uno sfogo nella natura, questo rischia di infastidire l’ecosistema. Troppi gommoni da rafting sui fiumi a scapito dei salmoni, troppe piste da bike in quota per poi lamentarsi di aggressioni di animali selvatici, troppi concerti finto-buddisti su spiagge e montagne accanto alle uova delle tartarughe marine.
Basterebbe poco, ad esempio chiedersi che cosa sta succedendo lì adesso? Cosa preoccupa la gente del posto? Essere aggiornati sui problemi aiuterà a vivere meglio la propria vacanza.
Prenotare il viaggio in bassa stagione o in una stagione intermedia
Quando si viaggia in stagioni più tranquille, non solo si aiuta a ridurre il sovraffollamento, ma si sta meglio, si spende meno e i residenti sono più disponibili ad accogliere gli estranei. Ovvero quello che ha mosso all’azione Amanda Ho, co-fondatrice di Regenerative Travel, una piattaforma di prenotazione con un gruppo indipendente di eco-hotel.
La primavera, l’autunno e l’inverno sono buone stagioni per considerare un viaggio nei parchi nazionali e in altri luoghi famosi.
Alcune altre regole per viaggiare:
- Non ostacolare il traffico. Questo vale da Manhattan a Portofino. Quando vuoi scattare foto, trova un luogo appropriato che non rallenti il traffico pedonale o stradale.
- Non parcheggiare “ad minchiam”. Le linee sono disegnate per la sicurezza pubblica e la tutela dell’ambiente.
- Non utilizzare come bagno beni altrui. Vorresti che i tuoi figli vedessero il sedere di un uomo adulto che spuntare dalla siepe del tuo giardino?
- Non andare fuori pista o fuori sentiero. Può disturbare la flora e la fauna e comportare rischi per la sicurezza.
- Non avvicinarti alla fauna selvatica. I nostri lupi italiani non aggrediscono, scappano, gli orsi possono invece percepire l’uomo come una minaccia (e di fatto lo è). Siate elusivi nei loro confronti non avvicinatevi e non date loro cibo. La natura non c’entra con i film della Disney.
- Non geotaggare le attrazioni naturali più popolari sui social media. Potrebbe essere forte la tentazione di vantarsi sui social della vacanza instagrammabile, ma un post virale può rovinare una destinazione con folle ossessionate da tramonti memorabili e sfondi di whatsapp da fare invidia.
- Non essere scortese con gli addetti ai servizi. Sono impegnati a rendere il tuo tempo sicuro e più piacevole.
E infine: ricorda che le destinazioni turistiche sono fragili
Molte economie dipendono dal turismo, ma l’overtourism fa male a tutti. Il sovraffollamento influisce negativamente sia sulla gente del posto che sui turisti e, a lungo andare, può rovinare la bellezza naturale che ha reso desiderabile una destinazione. Le smattate seminudi nella fontana di Trevi a Roma, i tuffi dai Faraglioni di Capri, le scritte sul portone del palazzo di Giulietta a Verona e l’orrenda moda dei lucchetti come pegni amorosi sui ponti più romantici danneggiano realmente le strutture più preziose di un posto e ne inficiano l’immagine e quindi l’economia. Non vi mettereste davvero a calpestare una coltivazione di fragole per il gusto di mangiarne un po’ perché il proprietario vi beccherebbe. Le opere d’arte e la natura non sono votre, sono ANCHE vostre e avete la responsabilità di non violarle.