Oh mamma, odio le etichette, ma qui, sull’isola di Madeira, in Portogallo, mi chiamano “digital nomad”. Sono uno di quei millennial non emigrati ma costanti migratori, grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia.
Il nomade digitale non è solo fare yoga lontano dal paese natale
cit. Gandhi.
«Dai facci un pezzo, è una bella testimonianza», dice il caporedattore. Ok, però per scriverlo bene devo farlo mentre sono in spiaggia, quindi eccoci.
Digito sulla tastiera guardando l’oceano, all’orizzonte, in linea retta, da qui in poi, c’è solo il Polo Sud. Madeira, isola scoperta dall’uomo solo nel 1419.
Ora, se fossi come i vostri Youtuber preferiti dovrei farvi vedere una foto di me che faccio yoga sulla riva ma vi risparmio questa triste immagine. Siccome non è tutto rose e fiori vi dico anche che, mentre scrivo, a 50 metri, in mezzo agli scogli, si stanno facendo di crack.
«Non sono il primo»
I lavori da remoto sono sempre esistiti, non è nulla di nuovo pensiamo a Tiziano Terzani e Gregor Samsa. Mio nonno però, da remoto, non poteva lavorare la terra. Venendo dal centro-sud, Milano è sempre stata bellissima e stretta, così come lo sono Dublino, Londra, Torino o qualsiasi altra città città dal Po in su.
Stretta si intende fisicamente. Pagavo 250 euro (più bollette) per vivere nel soggiorno di una coppia. Bella Milano, per carità, la ringrazio di tutte le opportunità e delle splendide persone. Qui però con la stessa cifra ho una stanza ampissima, balcone, bagno privato, ampio giardino e volendo un posto auto.
Ho i delfini e le balene non i ratti dei navigli.
Connessione tra i 300 e i 400 mps contro i 19 mps (neanche la fibra) di Via Meda.
Faccio quello che facevo prima. Però meglio
Meglio perché quando la tua preoccupazione maggiore è far sopravvivere la tua pianta di banano o organizzare un barbecue decente, lavori meglio sia in termini di produttività che di creatività.
Io al posto fisso non c’ho mai pensato, non perché in quanto millennial mi fosse negato a prescindere ma per una soglia dell’attenzione davvero bassa. Ho sempre preferito una storia da raccontare perché come dicono nel “La leggenda del pianista sull’oceano”:
Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla.
Come si finisce qui?
Sono un art director e quando ho capito che in presenza non ci si sarebbe tornati mi sono fatto due conti. Mi iscrivo a una sorta di Trip Advisor dei nomadi digitali Nomad List sito che consiglio vivamente. Le città vengono valutate per sicurezza, connessione internet e costo della vita.
La mia amata Thailandia? Chiusissima. Bali? Sbarrata. Caraibi? Un po’ lontani per valere la fatica. Canarie? Troppo commerciali.
Nel frattempo nasce in Europa, proprio a Madeira il primo centro per nomadi digitali. Gruppo Facebook, gruppo Slack, spazio di coworking gratuito. Ok sembra a prova di bomba, anzi, di pandemia. Si parte.
Gli altri: conoscere persone durante il covid
Già, è possibile conoscere altri colleghi viaggiatori o “nomad student” e stringere relazioni professionali o di amicizia condividendo, e questo è l’aspetto importante, un approccio al lavoro. Quando si finisce c’è la poncha per tutti, per non parlare del fatto che con meno di 5 euro qui fai un pranzo decente.
Un’isola dove trekking in montagna e snorkeling nell’oceano sono a 30 minuti di distanza. Ma non sono qui per fare la pubblicità a Madeira che si promuove da sola.
Come libero professionista, scegli tu quando lavorare ma se sai che ti aspetta una bella serata, ti dai anche una mossa per finire presto e per goderti l’isola, ragion per cui mi appresto a finire questo articolo.
Made in Madeira with ❤️
Se volete altre informazioni sull’isola o consigli ecco un mio contatto.
Ps. No, TheMillennial non mi paga abbastanza da sopravvivere qui, non applicate sperando di fare la stessa vita, al massimo mi pagano il liquoroso vino di madeira.
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