Quali i vantaggi del viaggiare da soli? La felicità è reale solo se condivisa?

9 Agosto 2019
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“Sì, viaggiare” recita una delle canzoni più famose di Lucio Battisti. Se sull’evitare le buche più dure credo siamo tutti d’accordo, la domanda che vorrei condividere in questo agosto è: meglio viaggiare da soli o in compagnia?

 

Viaggiare da soli assume fin dai tempi più antichi un significato non solo di scoperta, ma anche di crescita personale, di rito di iniziazione, di messa alla prova.

Per diverse culture, vedi inglesi, canadesi e olandesi, tra la fine del liceo e l’inizio dell’università, è necessario prendersi un anno sabbatico. Esperienza da inserire nel curriculum, diventa fondamentale per passare dallo status di adolescente a quello di giovane adulto. Un viaggio in solitaria aiuta a sviluppare alcune soft skill che finché si vive a casa con i genitori, si tarda a sviluppare. Mi riferisco all’acquisizione di una maggiore autonomia, alla graduale capacità di gestire qualsiasi difficoltà, piccola o grande che sia, da soli. Si impara ad arrangiarsi e a bastare a se stessi.

Non ho mai fatto un viaggio da sola per cui posso solo raccontarvi cosa significa per me viaggiare con qualcuno. Organizzare un viaggio, scegliere una meta e studiare l’itinerario rientra nelle cose che più mi piace fare insieme alle persone a cui voglio bene. La scelta dei compagni di viaggio è sempre fondamentale, perché viaggiare con qualcuno che non ci va particolarmente a genio potrebbe rivelarsi un vero incubo. Viaggiare per me significa condividere, riempirsi gli occhi e il cuore di luoghi e momenti che arricchiscono la nostra vita e che ci legheranno sempre, in un modo o in un altro, alla persona che li ha vissuti con noi.

C’è chi, invece, predilige viaggiare da solo. Gli spiriti liberi per eccellenza non accettano di scendere a compromessi e se faticano a farlo nella vita di tutti i giorni, perché mai dovrebbero farlo in vacanza?

Scelgono come, dove e cosa fare senza alcun impiccio. Si sentono più portati a conoscere persone e a lasciarsi andare a nuove esperienze.

La ricercatrice australiana Constanza Bianchi ha condotto uno studio per indagare i benefici che derivano dal viaggiare da soli, intervistando un campione di circa 25 persone al rientro da un viaggio in solitaria della durata media di nove giorni.

Ne emerge che viaggiare da soli contribuisce a rafforzare il carattere di un individuo e aiuta a diventare più flessibili e aperti. Inoltre, procedendo per “prove ed errori”, aumenta la velocità di apprendimento e, di conseguenza, l’autostima.

Eppure, una risposta interessante al quesito di partenza, la possiamo cercare in uno dei miei film preferiti (che consiglio a tutti i Millennial), Into the Wild, dove il protagonista al termine di un viaggio in solitaria, capisce che la felicità è reale solo se è condivisa.

E voi con chi vi ritrovate di più? Con la Dott.ssa Bianchi o con Chris (alias Alex Supertramp)?

 

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