Viaggio 2018: cosa vedere in Nepal? Ricordate: è un meraviglioso macello

8 Dicembre 2017
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“Cosa vedere in Nepal? Com’è stato il tuo viaggio? Divertita?” Forse poche migliaia di battute sulla tastiera non sono il modo migliore per parlarne, eppure tocca farla qui la magia.

I nepalesi sono bravi in queste cose, saprebbero raccontare tutto meglio di me, mentre si caricano sulla schiena ceste di vimini colme di mattoni o cemento.

Sessant’anni e non sentirli, l’agilità delle caviglie di quella donna anziana farebbe invidia a qualsiasi maratoneta, me compresa, che mi limitavo a camminare all’alba in mezzo alle risaie.

Cosa vedere in Nepal? Be’, per esempio l’Himalaya, in lontananza: qui il sole sorge presto e sono sicura che sia più grande del normale.

“Namasté”, saluto amichevolmente, loro ricambiano, sempre con le mani congiunte, con rispetto e una dentatura che nonostante tutto non ha paura di mostrarsi. La cultura del sorriso, gran bella cosa.

Amiamo troppo il grigio e la moda autunno/inverno, noi occidentali. Mentre tutti questi colori, sui vestiti e sulle cose, ci sembrano una perenne e caotica festa. Be’, il Nepal è un po’ così.

Un “meraviglioso macello”, come ho sentito dire.

I branchi di cani accompagnano qualsiasi tipo di spostamento tu voglia fare, inseparabili come lo smog e le mascherine sui volti dei “non locals ” – ci distinguiamo subito.

Io sfido il nero, di cui presto si coloreranno i miei polmoni: la polvere mi fa meno paura dei vitelli in mezzo alla strada. I viaggi on the road sono uno spettacolo, frattura del coccige compresa.

Velocità media 30 km/h, dieci percorsi in un’ora, tutto normale. Difficile definire strade quell’insieme di terra battuta e pietre abilmente collocate l’una vicino all’altra, e io che credevo che il cemento fosse la rovina del mondo, mai stata così felice di una striscia di grigio e due segni bianchi. Striscia grigia fondamentale per portare cibo e acqua nei posti più isolati.

Se mi chiedete cosa vedere in Nepal io vi rispondo che il Nepal è da girare. Perché girare il Nepal è un concerto, tra clacson, preghiere e persone che sputano ovunque, per esempio nella vecchia città di Bhaktapur, tra una maceria e l’altra.

Cosa vedere in Nepal? A Khatmandu, ovviamente, c’è molto da vedere, molto davvero, stupa enormi e monaci che compiono riti a noi incomprensibili.

“Se hai paura della morte non hai capito nulla della vita” ti dicono disinvolti mentre, durante il rito funebre, bruciano le pire accanto al fiume sacro.

Non è raro vederli mangiare seduti a terra, magari durante il mercato, frutta e rape in quantità, qualche artiglio di pollo che spunta tra i chicchi di riso ogni tanto. L’importante è non bere acqua del posto. Il riso si setaccia per le strade, a mano chiaramente, tra una zaffata d’incenso e l’altra.

Verso sera hanno l’abitudine di ritrovarsi tutti sotto gli alberi sacri, i Pipal. Spesso si vedono gli uomini che giocano per le strade, le donne si lavano i capelli nelle fontane, i bambini si fanno sfruttare da chissà chi chiedendo soldi “per i libri di scuola” ai turisti. La verità è che a loro piace il cioccolato: se glielo offri si illuminano e non ti mollano più. Effettivamente di cioccolato in giro non se ne vede molto. Neanche di cibo, a dire il vero: riso, patate, legumi, ancora riso.

Dall’Occidente, c’è chi va al campo base dell’Everest per fare la scalata della vita, chi si ferma nella valle a ricostruire le scuole dopo il terremoto, chi va a sud a vedere tigri ed elefanti nella giungla, chi viene tanto per fare e non ha la minima idea di cosa vedere in Nepal.

Qui c’è davvero posto per tutti, ovunque. I fili dell’elettricità sono grovigli enormi che penzolano sopra la testa, ogni tanto qualche scimmia ci cammina sopra, ma niente tenerezza, le dolci bestiole sono dei serial killer a prova di coccole. Quando si arriva in aeroporto il tutto avviene molto in fretta: “Ok, voglio tornare a casa. Subito!”. Ma poi, piano piano, qualcos’altro, oltre alla polvere, ti entra dentro.

I bambini che ti aspettano nelle scuole perché sei il mistico custode delle bolle di sapone, le ragazze della casa famiglia che ti insegnano a ballare facendo finta che i tuoi gesti imbarazzanti siano divertenti, gli uomini che giocano a calcetto con due palloni e tre squadre da 15 contemporaneamente, la nonna di casa che ti fa la tika rossa ogni mattina. Poi ci sono le collane di fiori, ambasciatrici di un’ospitalità che ci è totalmente estranea.

Non sei un ospite: sei atteso. Loro ti aspettavano, con tutto quello che possono offrirti: fiori, tè, biscotti e foulard, tutto insieme ovviamente. In una terra dove tutto è sacro anche gli ingressi di casa sono colorati con polverine sfavillanti e disegni. Pezzi di banane e riso non mancano mai tra le offerte, su usci e altari.

Di notte sentivo i coyote ululare alla luna, anche lei decisamente più grande del normale. Che notti quelle del Nepal, tra la foschia della valle, i canti e le luci colorate della festa di Shiva.

Non so descrivere questo paese, né dare consigli definitivi su che cosa vedere Nepal. Non so spiegare perché si viva in case senza pavimenti ma quasi tutti abbiano un cellulare, non so spiegare perché buttino a terra tutti i rifiuti ma abbiano delle bellissime uniformi mentre vanno a scuola con ordine e disciplina, non so spiegare come mai chi muore di fame sorrida più di me.

Non lo so spiegare perché basta un mese per non andarsene mai più.

Non lo so spiegare, ma a cosa serve?

Non si aiuta chi non ha fede in quello che dici, la fiducia si guadagna piano piano, quando ti interessa più vivere che far tornare i conti. Tocca farla qui la magia.

Ma, come dicevo, i nepalesi saprebbero raccontare tutto meglio di me.

Namasté

 

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