Faremo il Lockdown di novembre fuori e dentro di noi: ecco il non-evento che sfida l’impazienza dei millennial

31 Ottobre 2020
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A causa del Covid-19 salta tutto: Carnevale di Rio, Olimpiadi, concerti colossali. Tranne la regata più grande del mondo, la Barcolana di Trieste. Che l’11 ottobre è saltata per la Bora, un vento adorato e temuto. Morale: e se l’attesa dell’evento fosse essa stessa l’evento? Lo vedremo con il lockdown di novembre.

C’è stato un tempo in cui gli eventi avevano una filiera industriale. Masse di persone che si accalcavano a tappe forzate tra sfilate, gare sportive, fiere, mercati, borse, concerti, megaconcerti, raduni, festival.

E oggi, con l’incubo di un nuovo lockdown a novembre, mentre decidiamo a fatica se è tutto cambiato e se siamo cambiati noi, scopriamo un oggetto misterioso. Ce lo avevamo in tasca, ma non lo sapevamo.

Di che cosa si tratta? Dell’intuizione quasi mistica che non ce n’è mai fregato niente dell’evento in se, qualunque esso fosse. Quello che ci interessava era la parentesi che portava nella nostre vite.

Ma non l’abbiamo mai ammesso, non abbiamo mai potuto ammetterlo, perché è dalla prima elementare che sappiamo che le parentesi sottolineano qualcosa di strano. Logico ma innaturale: accanto a discorsi fondamentali ce ne sono altri che non lo sono, o sono trascurabili.

Di fronte al New Normal fatto di asterischi (*laureato a distanza, *patentato a distanza, *presentato in diretta streaming, *reso possibile da un tour virtuale, *giocato a stadio chiuso, *deciso in conference call ecc.), non siamo soltanto diventati orfani della socialità. Abbiamo preso a vagare nell’aria e a respirarla senza fisicità.  Mentre ciò che ci succede davanti è soltanto la rappresentazione umbratile della realtà.

Non siamo abituati a vivere nelle parentesi. Vorremmo essere protagonisti del discorso principale e non delle frasi secondarie. Che cosa ce lo siamo fatti a fare un parterre di follower se poi non possiamo postare lo spogliatoio del calcetto, l’aperitivo al tramonto di Santorini in mezzo a 3mila persone cool, o l’impepata di cozze di un ristorante sul mare?

Domenica 11 ottobre 2020, alle 7 e 27, l’addetto stampa della più affollata regata del mondo, in preda a quella tipica disperazione che porta alla genialità o al fallimento, somministrava ai colleghi giornalisti corsi a Trieste per vedere la 52esima Barcolana il seguente comunicato:

«A causa delle condizioni meteo marine presenti nel Golfo di Trieste, il Comitato di regata, sulla base delle indicazioni della Capitaneria di Porto e sentita la Società organizzatrice, valutate l’allerta meteo emessa dalla Protezione Civile e le previsioni meteo diramate dall’Osmer per la giornata di oggi, domenica 11 ottobre, ha deciso di annullare la Coppa D’Autunno – Barcolana 52 presented by Generali.
La decisione è stata presa stamani alle 7 del mattino, visto l’evolversi del meteo secondo le previsioni di Bora forte e il concretizzarsi dell’allerta meteo diramata ieri dalle autorità.

«Di fronte a condizioni meteo marine come quelle odierne – ha commentato il presidente della Svbg, Mitja Gialuz – la gente di mare riconosce la necessità di mantenere gli equipaggi a terra e le imbarcazioni al sicuro.

È una decisione impegnativa ma necessaria che preserva tutto il popolo della Barcolana e rispetta tutti quei equipaggi familiari con barche di piccola dimensione che sono il cuore di questa regata.

C’è qualcosa di liberatorio nel fatto che il vento batta il Covid: abbiamo superato le difficoltà connesse all’organizzare Barcolana in questo contesto, e a fermarci in questa edizione è stato solo il nostro elemento naturale, il vento”».

Annusare l’aria è la vera experience. E non sapevamo fosse così bella

In pochi possono dire di avere la certezza che le condizioni meteo non permettessero lo svolgimento della Barcolana. In una regata, la prima dell’era Covid, a cui si erano iscritti 1524 equipaggi (il record, è del 2016 con oltre 2500) c’erano certamente scafi in grado di sentirsi a proprio agio in competizione.

 

Ma la presenza delle barche di famiglia e delle comitive di amici, spesso genera incidenti. E di certo la Bora, soprattutto se “scura”, accompagnata dal maltempo, non aiuta. Aiuta invece perdersi in una Trieste semisconosciuta, rinata, bella. Aiuta scoprire posti come Portopiccolo a Sistiana, una nuova baia del lusso con la spa Bechell vista mare che è di per sé  già un evento mondano.

Portopiccolo – Sistiana

Nella realtà, per quanto umbratile, c’erano già tutti gli elementi della narrazione, dunque. E non è sembrato un peccato rispettare contemporaneamente le allerte meteo e quelle del Covid, alimentate dai possibili vapori alcolici tipici della festa velica.

L’Homo Ludens di Johan Huizinga scimmiotta la guerra con i tornei e le gare. Ma a volte può fare solo una parata ed è comunque una festa.

Quello che era difficile, se non impossibile, da immaginare è stato però che il non-evento diventasse un successo di audience multimediatico. E invece, il giorno dopo… come si recita nelle favole:

«L’edizione numero 52 della Coppa d’Autunno, nonostante non si sia scesi in acqua a causa dell’imperversare del maltempo, ha avuto in tv, sul web e in radio grandi riscontri che confermano la capacita’ di attirare un pubblico vasto e variegato della piu’ grande “festa del mare” del mondo.

Ieri, su Rai3, la trasmissione condotta da Giulio Guazzini di Rai Sport ha coinvolto 387.000 spettatori con il 4.1% dell’audience totale.

Sono 5.876.000 (il 24.7% di share) le persone che hanno visto Trieste e il servizio della Barcolana nel Tg1 delle 20 con il servizio firmato da Massimo Mignanelli, a cui vanno aggiunte quelle che hanno scelto gli altri Tg e Rainews24 che ha informato i telespettatori lungo l’intero week end dando spazio sia agli aspetti sportivi che culturali e di promozione del territorio.

«Oltre 10 milioni di persone hanno avuto un “contatto” con la Barcolana – ha commentato Mitja Gialuz, presidente della Società Velica di Barcola e Grignano è un dato impressionante, uno splendido segnale per chi ama il nostro sport e la nostra città».

Dobbiamo soltanto decidere, ora, se la psicopatologia della vita quotidiana dei millennial è diventata qualche cosa di altro. O se possa diventarlo.

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