Non solo la Barbie con la sindrome di Down: i top e i flop più discussi della bambola per eccellenza

29 Aprile 2023
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Una notizia degli ultimi giorni ha mostrato l’ennesimo passo avanti della Mattel sul tema dell’inclusività. Dopo 64 anni dalla nascita della bambola più iconica della storia dei giocattoli, è stata lanciata sul mercato americano una Barbie che presenta le caratteristiche tipiche della sindrome di Down. Tanti bambini e bambine potranno così giocare con una bambola a loro somigliante, che entra così nel vastissimo e variegato mondo Barbie.

L’azienda di giocattoli Mattel non ha però sempre centrato il bersaglio con i suoi modelli di Barbie. Anzi, nel corso degli anni sono state tantissime le bambole che hanno suscitato scalpore o che hanno fatto parlare di sé. Alcune sono state fortemente innovative per i tempi in cui sono state prodotte. Altre, ahimè, sono state dei veri flop: misoginia, istigazione ai disturbi alimentari e anche qualche bega legale hanno accompagnato la storia della regina delle bambole. Scopriamo insieme le Barbie più controverse della storia della Mattel.

Barbie passione: disturbi alimentari

È il 1962 quando Mattel ha la fantastica idea di lanciare sul mercato il nuovo modello di Barbie Babysitter. Fin lì nulla di male, a parte il terribile look da mugnaia. Il problema è il libro che la nostra cara amica Barbie decide di portarsi dietro mentre accudisce il pargolo. Sulla copertina, il titolo: How to lose weight (Come perdere peso). Sul retro, invece, il lapidario consiglio: «Don’t eat! (Non mangiare)». Super educativo, no? Ma il bello deve ancora arrivare…

Sì, perché nel 1965 Barbie torna a leggere il suo magnifico libro di consigli dietetici, questa volta portandolo con sé a un pigiama party tra amiche. Viene infatti lanciata sul mercato Barbie Slumber Party, l’unica bambola al mondo che invece di portare a una festa in pigiama i trucchi, gli smalti o dei giochi da tavolo si porta dietro una bilancia. E su quest’ultima, troviamo segnato il peso in libbre della nostra povera Barbie, che grazie ai consigli spettacolari del suo libro si trova ad essere decisamente sottopeso. Insomma, una Barbie che istiga ai disturbi alimentari non è proprio la migliore delle scelte per le bambine degli anni ’60.

Barbie scopre le barriere architettoniche

La Barbie con la sindrome di Down non è il primo prodotto Mattel che mira all’inclusività. Nel 1996 viene lanciata sul mercato Share a Smile Becky, la prima bambola Barbie in sedia a rotelle. L’idea riscuote grande successo e centinaia di bambine iniziano a giocare con Becky, potendo finalmente sentirsi rappresentate. Ciò che però ha fatto discutere è stato un piccolo dettaglio notato da una diciassettenne americana: la sedia a rotelle è troppo grande per entrare nell’ascensore della Casa dei Sogni di Barbie.

Una vera e propria barriera architettonica per la povera Becky, costretta a rimanere indietro mentre le altre amiche bambole fanno festa al secondo piano. Purtroppo, il problema dell’impossibilità di accesso per i disabili in alcune strutture esiste eccome, e questo errore di calcolo della Mattel è risultato tristemente realistico.

Barbie nemica dell’FBI

Questa volta Barbie arriva persino a mettere in allerta l’FBI. Nel 2010 esce infatti Barbie Video Girl, una bambola dotata di videocamera capace di registrare fino a 27 minuti. L’idea è quella di permettere ai bambini di creare piccole clip dal punto di vista di Barbie, ma molti genitori, e l’FBI stessa, hanno subito espresso timori sulla possibilità che il prodotto venisse usato per produrre materiale pedopornografico. Fortunatamente, non ci sono stati casi di utilizzo della bambola per questi scopi, ma la preoccupazione ha fatto crescere le controversie in modo esponenziale.

Misoginia e computer nel libro di Barbie

Questa volta non parliamo di un giocattolo, ma di una fantastica storia da leggere ai figli prima di andare a dormire. La troviamo nella collana di libri Barbie: I can be, una serie di volumi dedicati a tanti lavori diversi, nata in teoria per sfidare gli stereotipi di genere secondo cui alcuni lavori non sarebbero da donna. Peccato per quello dedicato all’ingegneria informatica. Perché sfidare gli stereotipi sì, ma senza esagerare troppo, sia mai!

E così troviamo Barbie: I can be a Computer Engineer, dove la nostra star si fa aiutare da due saggi maschietti che risolvono i suoi pasticci informatici e la aiutano a svolgere il suo lavoro. Le critiche sono (giustamente) piovute a fiumi. Addirittura, è stato creato un sito, chiamato Feminist Hacker Barbie, che propone delle correzioni al libro per rendere Barbie l’ingegnere competente e indipendente che merita di essere.

La Mattel finalmente ce la fa: la linea Fashionistas

Con la linea Fashionistas, l’azienda di giocattoli crea finalmente una linea di Barbie inclusiva e al passo con i tempi. Dopo i diversi flop, troviamo finalmente bambole di ogni tipo, che permettono a migliaia di bambini di sentirsi rappresentati. Abbiamo ad esempio una Barbie pelata, che può essere d’aiuto a tutti i bimbi che stanno affrontando una malattia che comporta la perdita dei capelli. Poi, troviamo Ken con la vitiligine e una bambola con una protesi alla gamba. Con la linea Fashionistas, la Mattel riesce a farsi perdonare per i decenni di Barbie perfettine, riuscendo finalmente ad accontentare un po’ tutti. Ed è proprio a questa linea che appartiene la prima Barbie con la sindrome di Down, che rappresenta un altro grande passo avanti per l’azienda.

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