Calza della Befana? Evviva l’abolizione di questo ennesimo simbolo che umilia la donna
Ironia preventiva: se tutte le donne twitteranno come Brie Larsson, potremmo trovarci in un mondo simile. Naaaaaaaa, dai, la calza della Befana non si tocca!
5 gennaio 2050. Finalmente questa mattina l’Unione Mondiale del Potere Femminile ha abolito la Befana e conseguentemente anche il suo simbolo, la calza della Befana. Tradizione pagana, usanza barbara che umilia la donna con la più disgustosa delle pratiche di body shaming. Quell’immagine di una vecchina rattrappita dagli acciacchi, con pochi denti cadenti, il volto grinzoso e il naso adunco ha mortificato per secoli le nonne e le bisnonne. Durante l’odiato periodo oscurantista renziano la befana entrò nel pieno della raffigurazione simbolica di tutto ciò che è vecchio, in opposizione a ciò che è nuovo e figo. Nell’ansia di rottamazione si tornò a violare ripetutamente la dignità delle vecchiette con una diffusione virale di simulacri femminili da bruciare, rito femminicida ispirato alla Inquisizione. In tutta la penisola si moltiplicarono queste terribili figure e ritualità machiste: la Giubiana e la Casera, la Seima o Brusa la vecia,
Ode a Brie Larson, la nostra musa!
L’Unione del Potere Femminile ha reso omaggio all’eroina Brie Larson che nel lontano ottobre 2016 ebbe a twittare tutto il disagio della violenza subita da un agente aeroportuale che osò dirle che era bellissima e che le chiese se poteva avere il suo numero di telefono. Un chiaro abuso di potere maschile che la fece sentire schiacciata e vilipesa. «Mai più Befane a testimoniare l’odio di genere verso la donna. Brie grazie per averci aperto gli occhi» ha detto Stamira Caloderma firmando la nuova legge.
La calza della Befana, un chiaro simbolo fallico e di prevaricazione maschile.
E basta anche con questi odiosi simboli come la calza della Befana: quasi un trofeo di guerra appeso al camino, un’autoreggente che una volta fu sexy su una giovane gamba, un indumento intimo svelato. E ancora, la grande somiglianza della calza della befana al preservativo, ne fa un’arma letale nelle mani dell’uomo per assoggettare, svilire, punire, umiliare. E insegnare questo svilimento ai giovani alle loro fragili menti. Torrone se sei giovane e gnocca, Carbone se sei vecchia e brutta.
La gonna lunga e rattoppata, una casalinga con il grembiule
La donna brutta e vecchia deve essere, in questa fallocrazia, anche malvestita, ovviamente. E allora spiegatecelo, dai: perché Babbo Natale è un ricco signore con sindrome metabolica e con cappa in velluto rosso, mentre la Befana indossa la gonnona rattoppata? Perché indossa il grembiule eh? Perché merita di essere solo una casalinga sfruttata e nulla più. China sui piatti! così gli uomini volevano tenere la donna non sexy ancora all’inizio di questo millennio. E allora eccola di nuovo la Befana, con quello scialle di lana pesante a coprire la ricurva schiena.
Il fazzolettone, l’ombra del terrore islamico
La Befana stando all’Antica Enciclopedia Wikipedia, usa «esclusivamente un fazzolettone di stoffa pesante (la pezzóla) o uno sciarpone di lana annodato in modo vistoso sotto il mento». E qui, signori, siamo di fronte a chiarissime influenze di censura culturale, di razzismo e islamofobia. Cos’altro è questo fazzolettone se non un ammiccamento alla donna islamica? Infischiandosene della necessità di un corretto scambio interculturale la tradizione befanesca addita la donna islamica come brutta vecchia. Che vergogna.
La scopa, meglio sorvolare
Tralasciamo la potente metafora sessuale della scopa. Anche lì, poi, Babbo Natale è il ricco possidente con la slitta turbo e la Befana una vecchia scopa di saggina. E vabbè. Non si può che considerare questa abolizione un grande atto di civiltà.
Buona Epifania, millennial!
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