Carlo Acutis è diventato beato ed è il primo della nostra generazione a diventarlo. Ma Carlo era un Millennial come gli altri?
Chi è Carlo Acutis
Nato nel 1991 è un Millennial in piena regola, almeno all’anagrafe, perché la distanza tra noi e lui è tanta, misura quanto la sua fede in Dio. La stessa fede che l’ha portato a 14 anni dalla sua morte ad essere riconosciuto beato dalla chiesa cattolica.
Mentre noi distribuivamo like su Myspace, lui si impegnava a distribuire cibo e sacchi a pelo ai senza tetto di Milano. Forse i like su MySpace neanche c’erano. Non è stato portato da piccolo in chiesa dai genitori, la sua chiamata, al contrario di quella di molti Millennial, è stata spontanea. Possiamo quindi non immaginarci un plagiato, un deviato, dalla rigida educazione cattolica, ma a tutti gli effetti un fedele che sceglie liberamente. Ha però studiato dalle suore, forse è colpa loro?
Cosa significa beato nel caso di Acutis
Di articoli che “celebrano” Carlo Acutis è pieno il web, sicuramente con biografie più accurate di questa. La mia vuole essere una riflessione da Millennial a Millennial. Da beato a Millennial che se ne scrive beato in un appartamento con 9 coinquilini.
Nas ha detto che se fosse morto dopo il primo disco ora sarebbe come Tupac e Notorious Big. Il suo peccato è stato continuare a vivere. Ecco, non so voi, io non ho mai avuto questo rimorso. Se fossi morto a 15 anni come Carlo, nessuno sarebbe qui a scrivere di me. Lo accetto. Carlo ripeteva che “ogni secondo è un’occasione in più per avvicinarsi alla santità”. Ecco noi che siamo qui a leggere queste parole di secondi ne abbiamo avuti il doppio di lui.
Il primo beato Millennial
Carlo Acutis non è solo il primo beato della nostra generazione e per esserlo è morto a quindici anni, auguriamoci egoisticamente quindi che non ce ne siano altri per molto tempo. Carlo è il primo beato digitale, cresciuto, anche se per poco con internet, ne ha intuito la potenza e voleva utilizzarlo come mezzo per diffondere la parola del signore. In questo sì era umanamente prodigioso.
A 6 anni padroneggiava il computer. A 9 scriveva programmi elettronici grazie ai testi acquistati nella libreria del Politecnico. Questo secondo sua madre.
Cresciuto a Milano non sognava di diventare imbruttito al pc, al contrario, voleva diffondere i valori cristiani e la bellezza.
C’è bellezza nelle foto di un hangover o delle prime canne insieme che pubblicavamo a 15 anni? La bellezza non va neanche confusa con le rose e i fiori. Come ci insegna il fotografo Giovanni Gastel quando guardiamo la pietà di Michelangelo stiamo vedendo qualcosa di drammatico, non è brutto però.
Morto ad ottobre nel 2006 a 15 anni. Me lo immagino a settembre, ultimi sprazzi di sole che lo scaldano mentre gioca a calcio in un qualche giardino milanese. Giusto il tempo di festeggiare la vittoria della nazionale italiana di calcio come me e voi. Sta ancora indossando la felpa, lo si vede nella salma esposta oggi ai fedeli. Leucemia fulminante.
Che cosa ci insegna la storia di Carlo Acutis
C’è bellezza anche nella sofferenza, per questo Carlo non ha mai smesso di sorridere neanche durante i 3 giorni che l’hanno portato a spegnersi. Sapeva che c’era bellezza o per lo meno aveva fede che ce ne fosse.
Odiavo quel sorriso paffuto in foto qualche anno fa e ora l’ammiro.
Io non credo ai grammy e ai dischi d’oro, figuriamoci alle view o alle beatificazioni della chiesa cattolica. Sono riconoscimenti umani con tutti i limiti del caso. Non importa, quello che conta è che questa sia stata una scusa per raccontare una storia, la storia di un Millennial diversa, che ci sia d’esempio.
“Tutti nascono originali, molti muoiono fotocopie”
Una frase attribuita a Carlo questa. “Aiutaci a scoprire l’originalità della nostra vita” ha scritto Beppe Sala.
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